l’Adige – 10 giugno 2023
L’inflazione è scaricata sui lavoratori
I prezzi salgono, i salari no. Sono lì, bloccati. Oppure, quando si annunciano gli aumenti, questi sono talmente risicati da non riuscire a recuperare potere d’acquisto se non in modo davvero minimo. E in tutto questo non c’entrano la guerra e il caro energia. Qui le dinamiche sono diverse. “A pancia”, lo avevano già capito i lavoratori, a certificarlo, in queste ore, è l’Istat, e in particolare è l’Indice Ipca depurato dai costi energetici: l’aumento dei prezzi è del 6,6% sul 2022, del 6,6% sul 2023 e del 2,9% sul 2024. Significa 16,1% sul triennio.
Ovvio che adesso i sindacati avvisano la Provincia sia sul fronte dei lavoratori pubblici, «ci aspettiamo le risorse in assestamento di bilancio», sia su quello delle misure di welfare, perché «le risorse ci sono». Ma l’impressione è che sia un dialogo tra sordi: piazza Dante ragiona di 100 milioni l’anno, che sarebbero il 6%. Decisamente lontani dal 16,1%. E poi c’è tutto il settore privato. Che sconta gli stessi problemi. Si salvano solo i metalmeccanici, che un meccanismo di adeguamento ce l’hanno. E che infatti dal 1 giugno vedranno un aumento di 123,40 euro, anziché di 27.
L’inflazione e l’energia. Si diceva da tempo: l’inflazione dipende dall’aumento delle risorse energetiche. E questo permetteva di non immaginare manovre correttive sul fronte dei salari, perché si trattava di un’emergenza che si poteva “sterilizzare” io quantomeno limitare, pensando a misure ad hoc, come il bonus energia. Ma la fiammata dei prezzi, ormai è evidente, non dipende più da quello. L’Istat ha comunicato l’indice Ipca, al netto del prezzo degli energetici. Si tratta di un indice che viene usato come punto di riferi-
mento per il rinnovo della parte economica dei contratti, che si discute ogni 3 anni. E questo indice parla chiarissimo: i prezzi sono aumentati ampiamente al di là dei costi dell’energia. E il conto da qui al 2024 sarà di un più 16,1%. «Fino a questo momento a pagare sono state le lavoratrici e i lavoratori, ma questa situazione non può durare visto che si è determinata una vera e propria emergenza salariale sbottano i segretari di Cgil Cisl e Uil Andrea Grosselli, Michele bezzi, e Walter Alotti oggi che l’economia italiana continua a crescere soprattutto in specifici settori, come il turismo, i servizi e il commercio, tenere fermi i contratti è vergognoso e inaccettabile».
Contratti pubblici. Quello dei lavoratori del pubblico impiego è il nodo più caldo. Il contratto è scaduto nel 2019, è tempo di rinnovarlo. Ovviamente i sindacati chiedono che si tenga conto dei dati forniti da Istat: «Ci aspettiamo che nell’ormai prossimo assestamento di bilancio la giunta Fugatti stanzi risorse adeguate per coprire il costo della vita che aggrava in maniera particolare su chi ha redditi fissi. Non si può continuare a nascondere la polvere sotto al tappeto. La giunta ne prenda atto e stanzi risorse sufficienti». La replica del presidente Maurizio Fugatti ieri in tarda mattinata è stata quasi immediata: «Vogliamo avviare la trattativa con
le parti sindacali ha detto ai microfoni della Rai è nostra intenzione procedere con il rinnovo 2022 2024. Ed è anche un messaggio di fiducia». Ma i conti non tornano: lui avrebbe parlato di 200 300 milioni da mettere in assestamento di bilancio.
«Lieti di ascoltare queste parole, ma attendiamo di comprendere quali siano realmente le risorse che la giunta intende mettere in campo» osservano i segretari di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl EE.LL Luigi Diaspro, Beppe Pallanch e Andrea Bassetti. Perché al momento non è chiaro se si intenda all’anno o per 3 anni.
Lavoratori privati. Se sul pubblico c’è per lo meno l’indicazione della Provincia di voler arrivare al rinnovo contrattuale e si tratta di contrattare l’entità, nel privato le cose sono più complicate. A partire dagli 8 mila lavoratori multiservizi, le cooperative sociali, a cui spesso l’ente pubblico appalta servizi, che hanno rinnovato il contratto con 8 anni di ritardo nel 2019 e ora attendono il rinnovo. E giù, tutti i contratti del privato. Perché, osservano i sindacati, «se non si fa nulla, i lavoratori perdono il 16%, significa due mensilità».
Metalmeccanici. Sono tra i pochi tutelati da un contratto abbastanza blindato. I 10 mila metalmeccanici trentini sono tutelati dalla clausola di salvaguardia, che implica un aumento salariale che tiene conto dell’indice Ipca. Risultato: il primo giugno avranno un aumento di 123,40 euro.
Scarica il pdf: ADIGE Inflazione ART 100623
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