Il T – 12 maggio 2023

L’inflazione morde i salari: bruciate due mensilità

Nel 2021 lo stipendio medio lordo annuo dei 174.000 lavoratori e lavoratrici trentine del settore privato è pari a 20.738 euro, per un monte salari totale di 3,6 miliardi di euro. Se consideriamo solo i dipendenti a tempo indeterminato, che sono 114.000, la cifra si alza a 26.890 euro. I 52.000 lavoratori pubblici, in gran parte dipendenti da Provincia e Comuni, sono a 30.504 euro di stipendio medio annuo. Fatto 100 il salario medio del 2015, a fine 2021 l’indice generale è salito ad appena 100,6. Nel caso dei lavori stabili, sempre fatto 100 il 2015, siamo a 106,9. Per gli addetti del settore pubblico l’indice 2021 è a 101,9. Ma questi sono gli aumenti, come si dice, nominali. Il problema è che cosa ci si compra con quel salario, al netto dell’inflazione. Fatto 100 l’indice dei prezzi 2015 per le famiglie di operai e impiegati, a Trento a fine 2021 il livello era salito a 107,3. L’inflazione di quegli anni era bassa, ma gli stipendi dei dipendenti fissi coprono a mala pena l’aumento dei prezzi, quelli dei lavoratori pubblici neanche questo, i salari dei 60.000 lavoratori e lavoratrici a termine e stagionali perdevano potere d’acquisto già allora. Le cose sono precipitate nell’ultimo anno con l’esplosione del caro- energia e degli aumenti di tanti beni, a partire dagli alimentari. Perché l’indice dei prezzi in Trentino, sempre fatto 100 il 2015, è
salito a 119,9 a fine 2022 e a 120,4 a marzo, ultimo dato disponibile (l’inflazione di aprile si conoscerà la prossima settimana). E si scopre, come emerso tra l’altro dalla Commissione di allerta rapida per il monitoraggio dei prezzi riunita ieri al Ministero delle imprese, che alcuni generi di prima necessità registrano incrementi molto più consistenti: nell’ultimo anno a Trento la pasta è aumentata del 16,8%, il riso del 44,9%, il pane del 9,3%. E i salari? La stima provvisoria è che nel 2022 siano cresciuti del 3%. Insomma, l’indice degli stipendi in Trentino è oggia104,a110peri dipendenti privati, a 105 per i dipendenti pubblici. Significa che i lavoratori e le lavoratrici stabili hanno perso il 10% del loro potere d’acquisto, i dipendenti del settore pubblico sono sotto del 15%, il complesso dei dipendenti trentini ha visto negli ultimi otto anni, ma soprattutto nell’ultimo, il suo salario reale perdere il 16%, l’equivalente di due mensilità.
Da qui l’allarme lanciato dai sindacati Cgil, Cisl e Uil del Trentino, che mercoledì hanno riunito sul tema 500 delegati, lavoratori e lavoratrici all’Arcivescovile. Domani a Milano la questione salariale sarà uno dei temi al centro della manifestazione indetta dai tre sindacati confederali. Secondo l’Osservatorio sui lavoratori dipendenti dell’Inps, nel 2021 gli addetti rilevati sono 173.836, di cui 113.501 a tempo indeterminato, 34.425 a tempo determinato e 25.910 stagionali. I lavoratori con
contratti stabili hanno, come abbiamo detto, uno stipendio medio annuo di quasi 27.000 euro, in aumento dello 0,5% sul 2019, ultimo anno pre- pandemia, e del 6,9% sul 2015. I lavoratori a termine vedono un salario medio annuo di 10.562 euro, in crescita dello 0,3% sul 2019 e del 4,1% sul 2015. Gli addetti stagionali, che in media prendono 7.309 euro, sono invece in calo sia sul 2019 che sul 2015, ma in questo caso pesa la prima parte del 2021 dove le restrizioni Covid colpivano ancora il turismo. Gli addetti del settore privato fino a 29 anni, che sono quasi 44.000, hanno una retribuzione media annua lorda molto bassa, 12.458 euro, perché tra loro prevalgono i lavori a termine e precari.
Nel complesso, dicono i dati Istat, le retribuzioni in
Trentino sono tra le più basse del Nord est. La paga oraria lorda media è pari a 13,82 euro, contro i 14,58 euro medi del Nord est e i 15,97 euro di Bolzano.
A fronte di questo quadro, l’inflazione si è mantenuta bassa fino al 2020, ha cominciato a crescere nel 2021, quando a fine anno a Trento era arrivata al 3,6%, ed è esplosa nel 2022. Lo scorso dicembre l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, rilevato da Istat e Istituto provinciale di statistica, vedeva una crescita annua dell’11,7%. A marzo l’inflazione tendenziale è scesa al 7,5%. Ma la frenata arriva soprattutto dai prezzi dell’energia, mentre altri capitoli, in primo luogo gli alimentari, vedono ancora rincari consistenti. Secondo l’Osservatorio prezzi e tariffe del Ministero delle imprese e del made in Italy, a marzo a Trento l’olio extra vergine di oliva costa 6,82 euro al litro, ben il 49,2% in più di un anno prima, quando costava in media 4,57 euro al litro. Il riso ha fatto un balzo del 44,9% a 3,13 euro al chilo, la farina è rincarata del 38,1%, le uova del 35,2%, la carne fresca suina del 34,6%. Tra gli altri beni, il tonno in scatola vede un aumento del 20%, la pasta di semola di grano duro del 16,8% a 2,15 euro al chilo, il burro del 14,8%, il pane fresco del 9,3%. Ci si può sempre consolare col caffè tostato, che costa l’11,6% in meno di dodici mesi fa, col parmigiano reggiano, 8,3% in meno, con lo spumante, più economico del 15,4%.
Proprio gli aumenti del prezzo della pasta e la possibile «inflazione da margini», con accuse reciproche tra industria e grande distribuzione mentre contadini e allevatori appaiono in difficoltà, sono stati al centro della riunione ieri della Commissione di allerta rapida per il monitoraggio dei prezzi presso il Ministero delle imprese. Secondo il Garante per la sorveglianza dei prezzi Benedetto Mineo, le ultime rilevazioni dei prezzi mostrano primi, seppure deboli, segnali di diminuzione, segno che nei prossimi mesi il costo della pasta potrà scendere in modo significativo.

Inadeguati molti stipendi degli addetti del terziario.
Paghe più basse per i giovani E il cottimo nei supermercati.

La Uil ha promosso un vero e proprio sindacato dei giovani lavoratori e lavoratrici, il Coordinamento Omega all’interno della Uiltucs, la categoria del commercio, turismo e terziario. Perché in questi comparti spesso si trovano le situazioni di lavoro più precario: assunzioni a chiamata, a termine, part time, a orario ridotto. Perciò nei dati sugli stipendi medi dei lavoratori trentini, la fascia under 29 prende meno della metà della media, 12mila euro lordi annui invece dei 26mila euro dei lavoratori a tempo indeterminato (vedi pagina a fianco). Omega sta provando a organizzare i lavoratori e le lavoratrici più giovani e a intervenire sui problemi di orario, di salario e di inquadramento che spesso emergono in questi settori. «Il problema salariale è al centro dell’iniziativa sindacale – afferma Stefano Picchetti (nella foto) della Uiltucs – Per questo sabato (domani ndr) saremo a Milano, alla manifestazione indetta da Cgil, Cisl e Uil». Picchetti ricorda i contratti nazionali su cui sono aperti tavoli e vertenze, dal terziario di Confcommercio, a Federdistribuzione, che raggruppa le maggiori catene commerciali come Aspiag- Despar, a Confesercenti, a categorie particolari come la vigilanza privata, che in Trentino conta alcune centinaia di addetti. «Hanno paghe basse e il contratto non viene rinnovato da quindici anni – ricorda Picchetti – Forse è la categoria che ha perso di più nel periodo». Anche Picchetti, come Paola Bassetti della Cgil (vedi sopra), sottolinea che in alcuni contratti si è ottenuto un anticipo una tantum che ha aiutato di fronte all’erosione dei salari da parte dell’inflazione: «Ma non è sufficiente». Anche perché, sostiene il sindacalista, stanno cambiando le condizioni di lavoro in grandi aziende del terziario come la grande distribuzione organizzata. E a questo non corrisponde un adeguamento salariale.
«La grande distribuzione ha tanta liquidità, anche perché è rimasta aperta nei periodi di chiusura per il Covid e in questi anni ha guadagnato – dice Picchetti – Ma dentro i negozi sta cambiando l’organizzazione del lavoro. La produttività comincia ad essere misurata dal numero di pezzi venduti, non dagli incassi». Una sorta di versione moderna del cottimo. «Si calcola quante seghe circolari hai venduto, diventa una produttività al pezzo che ci sta portando indietro di trent’anni. I primi effetti si cominciano a vedere».

 

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