Corriere del Trentino – 30 luglio 2022

Minoranze e sindacati contro Fugatti «Sanità sempre più privata: errore»

TRENTO Una sola cosa, il Pd con Luca Zeni, riconosce a Maurizio Fugatti: «Finalmente è stato trasparente — afferma amaro il consigliere provinciale riferendosi al discorso in aula fatto dal presidente durante la votazione dell’assestamento di bilancio — ha ammesso il sostegno a un sistema sanitario maggiormente orientato al privato».
Deluso Zeni, come i sindacati, delle considerazioni in materia di sanità. A partire da un nodo ormai caldo, quello della carenza dei medici. «Fugatti ha ricordato che i bandi vanno deserti: ma qui c’è un problema organizzativo; quando si fa un bando si deve avere prima attivato una rete per diffonderlo, per farlo conoscere. C’è poi un problema di attrattività: molti medici si dimettono per andare nel privato o nelle strutture convenzionate oppure a coprire turni o per trasferirsi in Alto Adige e in Veneto». Senza parlare all’annosa questione delle liste di attesa e «del grave mancato rispetto dei Rao». La cosa che però proprio Zeni non ha digerito è legata alla mobilità. In aula Fugatti ha collegato la riduzione della mobilità passiva, ossia del numero di trentini che si è fatto curare fuori Trentino con un costo calato da 46 milioni del 2017 a 40 del 2020, all’accordo con le strutture private convenzionate trentine. Una scorrettezza metodologica grave quella del presidente, dal momento che è ovvio che nel 2021 ci sia stato un calo, c’era la pandemia. E infatti nel 2021 è calata anche la mobilità attiva di ben 3 milioni rispetto al 2017. Mentre come ho già detto dal 2018 al 2022 le strutture private convenzionate sono passate da un finanziamento di 59,6 milioni a 72 milioni, un 20% di incremento».
Un punto, quest’ultimo, che ha fatto imbufalire anche i sindacati: «Nel 2020 — tuona Walter Alotti segretario della Uil — e nel 2021 le persone non si muovevano nemmeno di casa, altro che andare a fare visite. Ricoveri e visite erano ridotti all’osso negli ospedali trentini, figuriamo spostarci fuori provincia. Sono affermazioni gravi e Fugatti non può dire che ha risposto ai bisogni dei trentini in questo modo. Il problema delle liste di attesa resta e la nostra proposta, di sospendere per un periodo le visite intramoenia e pagare di più i nostri medici per le visite pubbliche, non è stata accolta. Così come — prosegue — dobbiamo ancora segnalare il ritardo sulle provvidenze energetiche per le famiglie, sulle politiche per la casa che, al netto del milione concesso per l’integrazione al reddito grazie all’emendamento di Futura, sono del tutto inesistenti».
Anche Giuseppe Pallanch segretario della Cisl Fp, non nasconde la propria delusione: «Le proposte concrete per risolvere i problemi noi le abbiamo fatte. La politica è anche capacità di ascolto, confronto e autocritica. Tutti aspetti che ci dispiace non aver ritrovato nella giunta. Inutile dire che il problema della carenza di medici e personale sanitario in generale è un male endemico a tutta Italia. Compito di chi amministra è anche trovare soluzioni, non dare la colpa agli altri. E in altre Regioni si sta correndo ai ripari su questo fronte, con investimenti che qui in Trentino non vediamo». Quanto alla privatizzazione contestata dall’opposizione anche Pallanch riconosce che la giunta Fugatti «le cose remunerative le ha date al privato, le altre le ha mantenute nel pubblico. Di fatto però anche di questa attenzione al privato non beneficiano comunque i lavoratori del comparto».
Anche per Luigi Diaspro, segretario della Cgil Fp, Fugatti rischia di «sfuggire ai problemi che abbiamo posto con la nostra iniziativa unitaria» che contemplava tra le altre cose «un piano straordinario di assunzioni con un fondo speciale» e «la revoca di scelte dannose come quella di abbassare i parametri di assistenza nelle Rsa». Se anche Diaspro boccia la via della privatizzazione chiedendo di «trovare soluzioni all’interno del sistema pubblico», ribadisce ancora la questione della carenza di personale: «Se non vi mette mano immediatamente si rischia di impiegare i fondi pubblici del Pnrr per costruire o ristrutturare case della salute o ospedali di comunità per darle poi ai privati».

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