02 marzo 2022 – Corriere del Trentino
No al Fondo «salva» alberghi
Sul ritorno dell’ipotesi firmata dall’assessore Failoni di costituire un fondo provinciale, o addirittura regionale, promosso con una sostanziosa dotazione iniziale di soldi pubblici per «salvare» gli alberghi trentini dalle grinfie della criminalità, la Uil esprime forte dissenso, per diverse serie motivazioni. Innanzitutto, il «pericolo» che gli alberghi diventino «preda» della criminalità è rimasto circoscritto a sporadici episodi negli ultimi decenni, tutti ben presidiati dalle forze dell’ordine e dalla magistratura. Il recente singolo episodio di Madonna di Campiglio rimane pertanto isolato sia come importanza sia come caso raro in un lungo periodo di tempo. In Trentino, su migliaia di alberghi, risultano oggi all’asta e quindi in pericolo di essere acquistati dalla criminalità, solamente 8 alberghi. Se invece estendiamo il perimetro a tutte le strutture alberghiere, comprese quelle chiuse da anni, allora il ragionamento è ben diverso. Queste strutture, circa 200, non sono all’asta, sono lì da decenni vuote e in disuso perché i proprietari, solitamente non bisognosi di denaro, non vogliono e non hanno bisogno di gestirle. Quindi possono permettersi di attendere solo qualche buona occasione per vendere. Ora questa occasione sembra arrivata: c’è l’assessore «giusto» e anche un presidente della Camera di commercio che non si limita a suggerire, ma detta la linea alla politica trentina e che comprende nel ragionamento del soccorso finanziario con soldi pubblici gli alberghi ancora aperti, ma in difficoltà causa Covid. Situazione problematica che ci permettiamo di dire presunta o ampiamente soggettiva, visti i dati della scorsa estate e di questo inverno che fanno registrare numeri di presenze turistiche molto consistenti.
Forse il vero problema è che neppure la criminalità si è mai interessata ai «ruderi» alberghieri del Trentino ante Covid in questi decenni. È noto che la criminalità non spreca denaro in investimenti poco remunerativi e solitamente mira piuttosto, in campo alberghiero, alle strutture migliori e maggiormente redditizie. Diverso invece il caso di imprenditori trentini — pochi per fortuna — che hanno, per diversi motivi, «sbagliato» nella gestione del loro albergo (sfortune varie, mancati passaggi generazionali, manchevolezze manageriali, ecc) e hanno accumulato debiti con le banche. Questa problematica c’è sempre stata e sempre ci sarà, quindi la sua soluzione non è sicuramente il Fondo alberghi proposto dal duo Failoni/Bort che rischierebbe di distorcere il mercato facendo assumere agli albergatori più rischi gestionali sapendo che, casomai andasse male, arriva il Fondo (pubblico) in soccorso.
In altre parti d’Italia, ad esempio, ove certi vecchi alberghi non sono più produttivi, ne è stata deliberata dagli enti pubblici la riconversione a residence e appartamenti per abitazioni. Ultimo caso, ad esempio, a Jesolo dove di recente l’amministrazione comunale ha autorizzato il cambio di destinazione d’uso di ben 20 hotel. Tale soluzione, applicata in Trentino, permetterebbe di rimettere sul mercato i «ruderi» alberghieri che diventerebbero attrattivi per investitori privati e soprattutto potrebbero andare in parte a soddisfare la domanda di casa delle giovani coppie che in certe località del Trentino, anche per il sostanziale blocco della politica abitativa pubblica sociale, faticano a trovare casa se non a prezzi proibitivi ai più. La Uil fa un’altra proposta ancora: la ristrutturazione e trasformazione, con l’aiuto pubblico, di qualcuno di questi alberghi in zone turistiche con alta densità abitativa e turistica (Fassa, Fiemme, Alto Garda), in «case albergo», anche per creare le condizioni di attrazione al personale stagionale turistico, il cui flusso in quelle zone è rallentato anche per l’impossibilità di reperire alloggi e locazioni a costo accessibile proprio nei mesi turistici. Tornando al Fondo alberghi, per la parte quindi solo riferita ai «ruderi», siamo convinti vi sia un problema per la Provincia a convincere altre istituzioni bancarie a versare dei soldi nel Fondo in aggiunta a quelli pubblici. A quali condizioni queste parti terze saranno disposte a versare del denaro? Garanzie sulla restituzione del capitale e rendimento minimo garantito dalla Provincia? Non si capisce poi come farà in futuro il Fondo a produrre una qualche sorta di rendimento, pazienza per la Provincia, ma almeno per i privati sovventori. Chiediamoci inoltre quale sia il vantaggio per i cittadini trentini. A parte gli eventuali fortunatissimi proprietari dei «ruderi», baciati da Failoni, dov’è il vantaggio per il Trentino? Politicamente questa maggioranza sembra disposta a soddisfare i sogni di pochi, con il rischio di deludere migliaia di trentini. Riteniamo molto più interessante la proposta del presidente di Asat Battaiola di creare «uno strumento che operi con regole di mercato, che affronti e affianchi i passaggi generazionali problematici, le eventuali ristrutturazioni importanti degli immobili o del debito delle aziende alberghiere». Per la Uil poi che da tempo propone la costituzione di «public company» (società ad azionariato diffuso) anche per ampliare le possibilità di espansione nel settore del credito (Mediocredito) o dell’energia (Dolomiti Energia), è musica per le orecchie la proposta di società territoriali ad azionariato popolare con lo scopo di sviluppo di aree o strutture turistiche, magari in grado con il tempo di gestire anche gli impianti sciistici e funiviari, oggi anch’essi in parte a carico della finanza pubblica. Ci pensino l’assessore Failoni e il presidente Bort.
Walter Alotti – Segretario Generale Uil del Trentino
Scarica il pdf: Fondo ART 020322 2
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