01 maggio 2020 – Corriere del Trentino

«Nuovi ospiti nelle Rsa, subito un protocollo» I sindacati: «Rischi molto elevati e il personale è stremato».

TRENTO «In questa fase ancora così critica pensare a ingressi di nuovi ospiti dall’esterno è pericoloso. Immaginare poi che anziani con patologie gravi e uno stato di salute compromesso debbano restare per un periodo in una prima struttura intermedia e poi subire un secondo trasferimento è rischioso. Potrebbero peggiorare». È netto il giudizio della segretaria della Uil Flp, Marcella Tomasi, sulla delibera della giunta provinciale che sancisce il via libera a nuovi ingressi nelle rsa dopo due mesi di stop. La lista d’attesa è lunga, ci sono 800 richieste e oggi i posti disponibili sono 500; le pressioni dall’esterno sono innegabili, ma la decisione di Piazza Dante ha colto un po’ di sorpresa anche la presidente di Upipa, Francesca Parolari.
Il segretario della Cisl Funzione pubblica, Giuseppe Pallanch cerca una mediazione. «Bisogna definire un protocollo serio per definire le procedure», spiega. Si appella all’unitarietà, invece, Luigi Diaspro (segretario della Fp Cgil). «Tutte queste indicazioni — stigmatizza — a partire dalle strutture Covid a Pergine e Volano per arrivare alle annunciate strutture intermedie di Avio e Dro sono state decise senza discuterne con le parti sociali. Serve condivisione».
Tutti d’accordo sulle esigenze del territorio. «Comprendiamo che una risposta va trovata — chiarisce Pallanch — bisognerà capire chi gestisce le zone filtro, i tamponamenti, le turnazioni, abbiamo ancora turnazioni di dodici ore». I sindacati non nascondono la preoccupazione per il personale, «già stremato», dicono e sugli effetti che queste nuove riaperture potranno avere sugli operatori sanitari e socio assistenziali.
Nei prossimi giorni l’Uvm procederà in via telematica ad aggiornare i punteggi affidati a ciascun ospite che riassumono le condizioni fisiche e di contesto. È quindi già tutto pronto, ma anche il presidente della Consulta provinciale per la salute, Renzo Dori avverte: «Serve prudenza».
Il problema è complesso: in gioco ci sono le esigenze di intere famiglie che non sono in grado di assistere i propri cari fortemente compromessi da gravi patologie non curabili a casa, quelle del personale sanitario, dimezzato dal Covid e costretto a ulteriori sacrifici, e infine le esigenze di tutela degli anziani. È acclarato che le case di cura e di riposo sono contenitori di fragilità nei quali il Covid ha trovato terreno fertile e dove la diffusione del contagio diventa più difficile da contenere.
«È un problema delicato — continua Dori — bisogna stabilire una specie di protocollo attraverso il quale possano accedere le persone dall’esterno con il massimo controllo. Il personale è molto preoccupato». Lo sgancio del lockdown per i negozi e le realtà commerciali preoccupa meno Dori rispetto alla riaperture delle Rsa. «È più facile gestire l’ingresso al negozio che in una rsa. Se poi vale il criterio secondo il quale entra l’anziano più grave i rischi per i nuovi ospiti sono ancora più alti. Servono protocolli precisi, dettagliati e garanzie».
Diaspro invita alla cautela e a evitare decisioni affrettate. «Serve un’analisi per capire come riorganizzarsi e dare risposte al territorio. Questa riapertura — osserva — se si ritiene necessaria e urgente deve essere graduale dettata da un principio di precauzione assoluta. È evidente che andiamo incontro a un rischio di alzare i picchi di contagio». La preoccupazione è palpabile e condivisa. Ma l’assessora Stefania Segnana assicura: «Stiamo organizzando l’entrata di nuovi ingressi nelle rsa predisponendo due strutture, a Dro e ad Ala, per accertarsi che i nuovi ospiti non abbiano il Covid. Questo servirà a evitare ulteriori contagi». E per il personale? Nessun problema ad avviso dell’assessora. «Nelle strutture in difficoltà sono stati messi a disposizione 40 infermieri, riteniamo che dopo un periodo di quarantena gli operatori potranno accogliere i nuovi ospiti con tranquillità». Non è convinto Diaspro che torna all’attacco sui tamponi: «È l’unica misura di prevenzione efficace. Si deve aprire un tavolo di discussione, fuori dal quadro delle responsabilità. Andranno acclarate, ma l’operatore non deve diventare quello che ha portato il contagio solo perché nessuno si è preoccupato di sottoporlo a tampone. Basta con lo scaricabarile».

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