Corriere del Trentino, Il T – 23 aprile 2024

Ocse, la produttività trentina arranca«Manca il traino delle grandi imprese»

 

Il confronto con 10 città europee. Spinelli: «La politica è chiamata a decisioni profonde» trento La produttività della provincia è frenata. Certo nel 2023 il Trentino apparteneva ancora al 10% delle regioni più produttive dell’area Ocse ma, alla luce dell’ultima indagine dell’Organizzazione, si tratta di un riconoscimento senza fasti. L’Ocse di Trento, nel rapporto «La produttività del lavoro in Trentino», ha messo a confronto il Trentino con dieci regioni europee con caratteristiche simili, dalla dimensione alla «storia» della propria produttività. Aree in Austria, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio, Germania e Grecia che fino all’inizio degli anni 2000 presentavano la stessa ricchezza, calcolata sulla base del valore del Pil per lavoratore. Dal 2001 ad oggi le regioni omologhe hanno mantenuto una crescita costante, mentre la curva del Trentino non ha seguito lo stesso andamento, aprendo un divario di produttività di circa il 25%. E seguendo in questo la tendenza nazionale. Perché? Secondo Carlo Menon, ricercatore presso il Centro di sviluppo locale Ocse, «in Trentino manca il traino delle grandi imprese», che contribuirebbero maggiormente alla produttività.
In effetti la dimensione media delle imprese nell’economia privata trentina è inferiore ai dieci dipendenti, rispetto agli oltre 25 dipendenti delle regioni di confronto. Nelle cosiddette «microimprese», inoltre, in Trentino è impegnato il 36% dei lavoratori, contro il 24% delle aree omologhe. «Ma le microimprese trentine avrebbero tutte le carte in regola per fare un salto di qualità — spiega Menon — Il 25% delle microimprese più produttive fanno meglio della maggioranza delle medio-grandi dello stesso settore».
Eppure dalla ricerca emerge un settore sorvegliato speciale: «Il divario in Trentino — si legge — è dovuto principalmente alla bassa produttività del settore manifatturiero e dei settori commerciabili». Stando alle rilevazioni, l’industria manifatturiera e l’energia pesano in Trentino per il 18% sul valore aggiunto, contro il 33% delle regioni omologhe. E mettendo sotto la lente il manifatturiero tout court, la produzione nell’ultimo ventennio è cresciuta in provincia del 15%. Un dato positivo. Ma molto inferiore rispetto al 35% dei pari. Esemplare è poi il valore delle grandi imprese: «Nel 2019 — viene specificato — le imprese manifatturiere con più di 250 dipendenti in Trentino erano 15 e rappresentavano circa il 13% dell’occupazione del settore. La loro produttività aggregata era del 18% superiore alla produttività media delle medie e piccole imprese». E qui il confronto non regge: «Nelle regioni pari, la produttività delle grandi imprese nei settori manifatturieri è superiore del 134% a quella delle medie e piccole imprese». Un ulteriore freno, secondo l’Ocse, è lo scambio con il mercato estero. Che in Trentino arranca. Tra il 2010 e il 2019 il valore delle esportazioni è inferiore alla metà rispetto alle regioni di confronto in Belgio e Austria. Solo le piccole imprese del settore agricolo riescono a tenere il ritmo grazie alle esportazioni veicolate dalle società cooperative. Le importazioni trentine si sono invece arrestate al 12% del Pil, con alcune aree di confronto (come la regione Wiener Umland/Südteil) che hanno toccato il 40%.
«La politica è chiamata a compiere decisioni più profonde — osserva l’assessore allo sviluppo economico e al lavoro, Achille Spinelli — Il lavoro è un tema complesso e questi tempi vanno analizzati per capire verso quale futuro vogliamo spingerci». E Spinelli auspica di poter trovare un interlocutore interessato a ragionare su questi temi nei sindacati. Che rispondono presenti: «Serve puntare sugli investimenti delle imprese e aumentare i salari», dettano le priorità Cgil, Cisl e Uil.

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