Osservazioni CGIL, CISL e UIL al Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpef delle Commissioni Finanze della Camera e del Senato

Osservazioni CGIL, CISL e UIL al Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpef delle Commissioni Finanze della Camera e del Senato

Introduzione
CGIL, CISL e UIL sono state audite dalle Commissioni nel corso dell’Indagine conoscitiva sulla riforma dell’IRPEF e altri aspetti del sistema tributario in data 21 febbraio 2021. Già in quella occasione, assieme alle tre memorie, era stata depositata la piattaforma unitaria che rappresenta la sintesi delle richieste della rappresentanza del mondo del lavoro in tema di fisco. Il Documento conclusivo approvato dalle due Commissioni il 30 giugno non raccoglie l’impostazione proposta avanzata da CGIL, CISL e UIL. Con questo ulteriore documento, CGIL, CISL e UIL intendono ribadire le loro proposte sulla riforma fiscale e altresì commentare le proposte quelle contenute nel Documento conclusivo delle Commissioni.
Obiettivi della riforma
Crescita economica e semplificazione, i due obiettivi segnalati dal Documento conclusivo sono certamente importanti ma non sufficienti: l’equità, sia dal punto di vista redistributivo che del carico fiscale, è l’elemento cardine, il primo obiettivo che dovrebbe perseguire una riforma fiscale. Il sistema tributario ha la funzione di raccogliere le risorse necessarie alle funzioni dell’operatore pubblico, che noi riteniamo non debba arretrare il suo perimetro d’azione. Ciò in relazione alla necessità di sostenere le infrastrutture sociali, sanità e istruzione in primis, e le politiche di sviluppo del paese e garantire attraverso la spesa ordinaria l’attuazione di una parte consistente del PNRR. Definire come distribuire questo onere è di primaria importanza.
Per CGIL, CISL e UIL, inoltre, semplificare non vuol dire deregolamentare. È fondamentale che il necessario processo di semplificazione del sistema tributario non si traduca in un superamento o anche solo indebolimento dei presidi di legalità, acuendo quelle fragilità che già oggi consentono l’accumularsi di oltre 110 miliardi di evasione ogni anno.
Contrasto all’evasione fiscale
Il Documento conclusivo delle Commissioni non affronta in maniera adeguata il fenomeno dell’evasione fiscale. CGIL, CISL e UIL ritengono assolutamente sbagliata l’analisi di partenza che non tiene conto dell’asimmetria che regola il sistema fiscale italiano.
I lavoratori dipendenti e i pensionati, infatti, prima pagano le tasse e poi prendono lo stipendio e la pensione. I lavoratori autonomi autocertificano a posteriori i propri redditi e scelgono in che misura adempiere ai propri doveri con il fisco. Questa asimmetria genera la possibilità per gli autonomi di scegliere politiche elusive o anche di evasione rispetto al pagamento dei giusti tributi.
CGIL, CISL e UIL ritengono che qualsiasi riforma dell’Irpef e, più in generale la riforma fiscale, non possano prescindere dalla definizione di una svolta epocale per eliminare la più grande anomalia italiana: l’evasione fiscale.
Questa esigenza è stata sottolineata da molte delle Istituzioni e personalità accademiche nel corso delle Audizioni, in particolare dalla Corte dei conti.
L’Italia, infatti, detiene la maglia nera tra i Paesi della UE sull’evasione fiscale. Ogni anno, come certificato dalla Relazione sull’economia non osservata, sono 110 i miliardi di evasione sottratti al bilancio pubblico. Questo dato rappresenta un danno rilevantissimo per il bilancio dello Stato e per la nostra economia, ma, al contempo, esso rappresenta un vulnus per il nostro sistema democratico. In Italia, da decenni, un terzo dei contribuenti non assolve a questo dovere.
La svolta epocale nella lotta all’evasione fiscale passa attraverso:
– La riforma della riscossione, che non deve cedere ad alcuna logica condonistica. Occorre costituire un ufficio presso l’Agenzia delle Entrate con compiti esclusivi di accertamento e di profilazione del rischio dei contribuenti, attraverso l’incrocio delle banche dati disponibili, elaborando un meccanismo che ne tuteli la privacy; il tutto al fine di dare piena possibilità alle agenzie fiscali di individuare prontamente comportamenti illeciti.
– Il rafforzamento e valorizzazione dell’organico, investimenti e tecnologia dell’Agenzia delle Entrate
– L’estensione della fatturazione elettronica superando gli attuali esoneri in particolare per i soggetti in regime forfettario, come previsto anche dal Documento conclusivo.
– La possibilità per l’Amministrazione di gestire l’insieme delle informazioni relative alla fatturazione elettronica e di tutti gli archivi a sua disposizione. Le giuste esigenze di tutela della riservatezza dei dati non possono essere contrapposte alla necessità di procedere con le tecniche di analisi massiva e predittiva dei dati che individuino i casi a rischio evasione. L’evasione fiscale nel nostro Paese è una emergenza, e come tale va affrontata. CGIL, CISL e UIL considerano sufficienti le precauzioni già previste dalle norme e dalle direttive dell’Agenzia.
– Azioni mirate sulle aree di maggior evasione: Irpef da lavoro autonomo e impresa e Iva, supportando i contribuenti nell’adempimento spontaneo anche attraverso dichiarazioni precompilate sulla base dei dati trasmessi.
– Lariduzionedell’usodelcontante,eintalsensoCGIL,CISLeUILcredonovada studiata e prorogata l’esperienza del cashback e della lotteria degli scontrini superando le criticità emerse nei primi sei mesi di applicazione
– L’estensione del sostituto di imposta alle partite IVA prevedendo il versamento diretto dell’IVA e delle imposte, tramite l’utilizzo di meccanismi, come quello dell’anticipo Irpef, sperimentato per i bonus edilizi, il reverse charge e lo split payment.
– La riduzione dell’evasione IVA agendo sulle aliquote tra operatori e riducendo l’agibilità sull’imposta dell’ultimo passaggio. Solo a queste condizioni, attraverso la fatturazione elettronica generalizzata, diventa sostenibile eliminare la ritenuta d’acconto IRPEF come proposto dalle Commissioni.
Una svolta epocale nella lotta all’evasione è anche un modo per finanziare la riforma fiscale e questo ci fa dire che il recupero di elusione e evasione sia un “cancello” senza varcare il quale appare impossibile realizzare una riforma che colga gli obiettivi dati.
La lotta all’evasione è ancora più importante alla luce dei 200 miliardi di debiti accumulati per erogare i ristori e i sostegni resi necessari dalla pandemia, debiti e che dovranno essere ripagati nei prossimi anni. La lotta all’evasione serve affinché ad evitare che a pagare non siano, come al solito, solo i soliti noti, lavoratori dipendenti e pensionati.
Riteniamo infine pericolosa la classificazione degli omessi versamenti, che vengono classificati in due sole categorie: errore o difficoltà economica. In questo modo si avalla “l’evasione di necessità”, concetto ampiamente soggettivo, categoria che il più delle volte andrebbe derubricata ad “evasione da inefficienza” e che costituisce una apertura rischiosa perché giustifica la differenza tra coloro che per (autoproclamata) necessità possono non pagare e altri (dipendenti e pensionati) che non hanno scelta.
Elevazione a rango costituzionale dello statuto del contribuente
È questa una richiesta da tempo avanzata da CGIL CISL e UIL nella loro piattaforma, a significare che per il sindacato il contribuente è un soggetto che deve essere tutelato nei suoi diritti, e che l’orizzonte delle richieste unitarie non è punitivo, ma anzi premiale e rispettoso dei contribuenti onesti.
La scelta del modello di imposta sui redditi e revisione dell’IRPEF
Il Documento conclusivo punta verso un sistema di imposizione sul reddito che evolva verso un modello tendenzialmente duale, in cui il livello delle aliquote sui redditi da capitale (nonché dei regimi sostitutivi cedolari) sia sufficientemente prossimo all’aliquota applicata al primo scaglione Irpef, (con l’eccezione della tassazione forfettaria per i lavoratori autonomi).
CGIL, CISL e UIL credono sia fondamentale ampliare la base imponibile nella direzione di un sistema, se non onnicomprensivo, almeno “semicomprensivo” come proposto anche dalla Corte dei Conti, che inserisca in progressività anche i redditi attualmente assoggettati al regime forfettario e i redditi in cedolare secca sui canoni d’affitto (prevedendo una deduzione per i canoni concordati, onde favorire l’accesso delle famiglie al mercato degli affitti, e introducendo elementi di distinzione per redditi derivanti dalla locazione di grandi patrimoni immobiliari).
La nuova base imponibile, per quanto ovvio, dovrebbe essere tassata con una progressività rimodulata in favore dei redditi bassi e medi da lavoro e pensione. Crediamo che occorra chiarire quali siano i redditi che per i quali le Commissioni pensano si debba continuare ad applicare il regime sostitutivo, anche in comparazione con quanto indicato da queste organizzazioni sindacali.

Il regime forfettario, favorevole per i redditi da lavoro autonomo e impresa ha aumentato le diseguaglianze nei confronti dei redditi da lavoro dipendente e per ciò che riguarda le imprese favorisce il nanismo e disincentiva assunzioni, investimenti e strutturazione.
Inoltre la misura rischia di essere un implicito incentivo a fenomeni elusivi volti ad evitare il superamento della soglia. Non può essere quindi condivisa la volontà di mantenere in essere il regime forfettario fino a 65.000 € per le partite IVA, che non risponde al principio di equità.
È invece condivisibile l’obiettivo di regolarizzare la curva dell’Irpef. La scala delle aliquote, insieme alla definizione dei relativi scaglioni dovrebbe essere più graduale di quella attuale.
La riforma fiscale deve avere come primo obiettivo il taglio delle tasse ai lavoratori dipendenti e pensionati che sono i soggetti a più alta fedeltà fiscale.
La ridefinizione dovrebbe assorbire gli attuali bonus con un ridisegno ed un rafforzamento delle detrazioni specifiche per i redditi da lavoro dipendente e da pensione al fine di ridurre il peso della tassazione che grava maggiormente su queste categorie.
Maggiore progressività significa anche redistribuire meglio il prelievo sulle diverse fasce di reddito. È razionale che il sistema differenzi le aliquote non solo nelle fasce basse e medie ma anche in quelle più elevate, recuperando l’alleggerimento dell’aggravio sulle fasce medie con una maggiore imposizione su quelle alte e altissime. È razionale che il sistema differenzi l’aliquota marginale, ad esempio, su un reddito di 1 milione di euro, a un reddito di 80.000 euro.
È condivisibile la volontà di ridurre il “salto” tra secondo e terzo scaglione, occorre però vigilare che la riforma dell’Irpef non si riduca ad un piccolo intervento, condivisibile ma non sufficiente. La mancata definizione di uno schema completo di aliquote e scaglioni potrebbe indicare questo rischio.
È sicuramente necessario agire per estendere le basi imponibili e per aumentare le detrazioni specifiche per redditi da lavoro dipendente e pensione. “Riordinare il sistema” è sicuramente opportuno ma questa operazione non deve generare un aumento indiretto dell’imposizione sui redditi bassi e medi.
Crediamo che sia utile prevedere un’area esente da tassazione simile tra lavoratori dipendenti e pensionati e inferiore per i lavoratori autonomi (tramite una deduzione/detrazione possibilmente costante al variare del reddito per “ammorbidire” l’aliquota marginale effettiva). Tale area dovrebbe risultare coerente con la misura di sostegno minimo al reddito (RdC).

L’opzione di introdurre incentivi fiscali al sostegno del reddito del secondo percettore nel nucleo familiare deve essere opportunamente e molto attentamente valutata per l’impatto sul mercato del lavoro.
Spese fiscali
Il criterio della selezione delle spese fiscali sulla base del beneficio procapite medio sembra rispondere esclusivamente all’obiettivo della semplificazione, non rispondendo a quello dell’equità, che deve essere, come detto, alla base dell’intera riforma fiscale.
È certamente necessario semplificare e rivedere il sistema delle tax expenditures valutando il loro impatto sulle diverse fasce reddituali, scegliendo dove mantenere un favorevole trattamento fiscale e dove invece spostare il sostegno dal lato della spesa (sulla falsariga dell’Assegno unico e universale per i figli minori di prossima introduzione).
Una revisione delle spese fiscali è non più procrastinabile e crediamo che sia necessario procedere ad una verifica dell’attualità di tali misure e dell’effettiva efficacia delle stesse. Vanno però salvaguardate tutte le detrazioni di rilievo sociale, come quelle per le spese sanitarie e interessi passivi sui mutui.
Sia per il ruolo che hanno avuto nel far emergere attività altrimenti, spesso, nascoste, sia per l’importante contributo che hanno dato e danno alla manutenzione del nostro patrimonio urbano, anche in relazione alla questione ambientale, riteniamo inoltre che dovrebbero diventare strutturali i bonus per ristrutturazione, risparmio energetico, ecc.
Si potrebbe peraltro introdurre una clausola di decadenza (sunset close) per la quale dopo un certo numero di anni, se non riconfermata, l’agevolazione fiscale decade. Oppure obbligare a un riesame e a una discussione di merito sull’abolizione, conservazione o modifica di spese fiscali introdotte da un certo numero di anni (ad esempio, cinque anni). Regole di questo tipo avrebbero il vantaggio di impegnare il Parlamento a ridiscutere, e se del caso confermare esplicitamente, la disposizione agevolativa, evitando che essa proceda per inerzia.
Riteniamo opportuno inoltre che l’insieme delle agevolazioni alle imprese risponda a criteri di selettività e sia orientato alla sostenibilità economica, sociale e ambientale, quindi investimenti, occupazione, pari opportunità, democrazia economica, salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori. È infine necessario il lavoro di riordino e di ridiscussione di quelle agevolazioni che rientrano nel “Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi” in coerenza con il Green deal europeo e il PNRR.

Addizionali locali
Il Documento raccomanda di trasformare gli strumenti tributari locali in sovraimposte – aventi quindi come base imponibile il debito di imposta erariale, e non la stessa base imponibile Irpef – la cui manovrabilità all’interno di un range predefinito rimarrebbe in capo all’ente territoriale.
Potrebbe essere un’ipotesi interessante, da prendere in considerazione senza aumento dell’imposizione. Il passaggio da addizionali a sovraimposte è stato suggerito da buona parte delle audizioni.
CGIL, CISL e UIL credono che questo transito potrebbe presentare sia vantaggi che svantaggi. Occorrerebbe valutare attentamente, anche con l’aiuto della letteratura, gli uni e gli altri rispetto agli obiettivi. È inoltre necessario valutare gli effetti sul gettito e la distribuzione del carico fiscale conseguenti a questo passaggio.
Superamento dell’Irap
Il gettito Irap è circa di 25 miliardi di euro (2019). Deve necessariamente essere evidenziato come verrà realizzato il riassorbimento perché la cifra è ingente e quelle risorse finanziano in parte il sistema sanitario; viene condivisibilmente affermato che l’operazione non dovrà generare aggravi su dipendenti e assimilati. Non si fa esplicito riferimento ad una salvaguardia per i pensionati. Tuttavia sembra assai difficile rispettare questo impegno, data l’entità le il gettito da coprire. Appare infatti davvero difficile reperire le risorse riassorbendo l’IRAP nell’IRES senza aumentarne l’aliquota, come da ipotizzato nel progetto dell’imposta duale.
Si dovrebbero inoltre compensare i bilanci regionali .
L’IRAP è una imposta che distribuisce il peso fiscale su tutti i fattori della produzione. Il fatto che sia (già) diventata per certi versi un duplicato dell’IRES non è positivo, e non deve essere assecondato. L’IRAP potrebbe anzi essere rafforzata diventando strumento che raccoglie le risorse per il welfare senza gravare sulle spalle dei lavoratori. Essendo una imposta a vasta base imponibile e bassa aliquota essa è difficilmente elusa anche dalle imprese multinazionali che, come noto, operano arbitraggi della base imponibile.
Tassazione delle rendite finanziarie

Uniformare la aliquota sostitutiva sulle rendite finanziarie alla prima aliquota Irpef, non è accettabile data anche l’attuale sproporzione della incidenza del fisco sul lavoro, peraltro richiamata nel Documento, rispetto agli altri fattori. Bisogna mantenere una tassazione al 26%, unificando verso questa aliquota tutti i redditi non inclusi in progressività nel modello di tassazione duale.
L’unificazione dei redditi di capitale con i redditi diversi di natura finanziaria rischia di estendere la portata delle diverse perdite e minusvalenze, con una riduzione del gettito assolutamente non necessaria e che non persegue gli obiettivi della riforma.
Il sistema EET, prospettato dal Documento, armonizza la tassazione sui fondi pensione italiani a quello che avviene in molti Paesi europei. Non siamo però d’accordo nell’applicare le aliquote Irpef ordinarie in quanto occorre mantenere una fiscalità incentivante, pur nel quadro della progressività.
Lotta alle diseguaglianze e per la solidarietà fiscale
Una riforma fiscale è anche lo strumento per contrastare le diseguaglianze nella distribuzione di ricchezza che, nel nostro Paese, hanno raggiunto negli ultimi anni dimensioni preoccupanti generando squilibri macroeconomici, aggravati dalla crisi pandemica.
I 10 anni di crisi e gli effetti della pandemia, hanno aumentato le disuguaglianze e le ingiustizie sociali. L’ultima indagine di Banca d’Italia sottolineava come il 5% delle famiglie possiede il 40% della ricchezza privata totale del Paese.
CGIL, CISL e UIL ritengono che bisogna attuare politiche sociali ed economiche che colmino queste disuguaglianze e utilizzare anche la leva fiscale. Tale leva deve servire per razionalizzare le imposte, rendendo le basi imponibili più aderenti alla realtà e applicando il criterio della progressività.
Tali obiettivi sono rilevanti anche in relazione all’elusione fiscale (es. trasferimenti strumentali a società, fondazioni e/o parenti e l’acquisto di prodotti finanziari), che anche attraverso l’applicazione di tutti gli strumenti digitali e di comunicazione, potrebbe essere oggi ridotta fortemente.
Promuovere l’Unione fiscale europea
La tassazione delle imprese per CGIL CISL e UIL, andrebbe armonizzata almeno al livello europeo per evitare che finisca per essere un’arena di concorrenza fiscale con i nostri principali partner.
Per CGIL, CISL e UIL è il momento di una decisiva azione condivisa a livello europeo che porti l’Europa a divenire una vera Unione perseguendo la creazione di politiche condivise di socializzazione delle spese emergenziali, procedendo ad una unificazione in ambito europeo delle basi imponibili per le aziende multinazionali secondo il modello BEEFIT Eu affinché cessino le allocazioni strumentali di ricavi e perdite e le grandi imprese siano tassate laddove la loro ricchezza viene effettivamente prodotta, introducendo una webtax che ponga fine alle pratiche elusive, dando piena applicazione alla tassa sulle transazione finanziarie ad altissima frequenza (TTF), e istituendo una carbon tax continentale in maniera graduale anche in sostituzione delle diverse tasse esistenti sui combustibili fossili. Uno degli obiettivi principali dovrebbe essere la nascita di una imposta sulle società europee che costituisca entrata diretta dell’Unione, che potrebbe subire eventuali aggiustamenti locali legati alle specificità dei singoli paesi ma sempre da stabilire in sede europea.

Roma, 7 luglio 2021

 

Scarica il pdf: memoria CgilCislUil Indagine conoscitiva riforma Irpef