02 ottobre 2020 – Trentino

Pensioni, si studia il post-quota 100 Alotti (Uil): «Fuori dopo 41 anni di contributi».

Addio a Quota 100. Le pensioni andranno incontro a una nuova riforma. Dal palco del Festival dell’Economia di Trento, Giuseppe Conte ha anticipato che spazzerà via l’attuale misura dal gennaio del 2022. La parentesi sperimentale introdotta dal governo giallo-verde nel 2019 andrà infatti a scadere agli sgoccioli del triennio, il 31 dicembre 2021. Ma nelle intenzioni del governo — che nel frattempo ha cambiato bandiera, diventando giallo-rosso — non c’è il progetto di tenere in vita la misura che prevede la possibilità di andare in pensione a 62 anni con 38 anni di lavoro alle spalle. Si comincia quindi a discutere di post-Quota 100.

«Era ora — chiosa Michele Buonerba, segretario generale della Cisl Alto Adige — La misura è ingiusta dal punto di vista tecnico, dato che promette un’uscita anticipata dal mondo del lavoro solo ad alcune categorie di persone, penalizzandone altre». La misura, aggiunge il sindacalista, «ha creato discriminazioni, premiando persone che già potevano contare su una continuità contributiva, a svantaggio di chi questo privilegio non l’ha avuto». Insomma, la soluzione messa a punto da Lega e Movimento 5 stelle avrebbe avvantaggiato «i posto fisso, già agevolati dal punto di vista previdenziale». Buonerba sottolinea poi un’altra fallacia della misura. «Le modalità di questo triennio hanno reso le pensioni insostenibili, aggiungendo maggior spesa pensionistica ogni anno. La situazione preoccupa, anche perché i giovani potranno contribuire meno rispetto alle generazioni passate, visto il diffuso precariato. Meno versamenti significa meno risorse in futuro per coprire spese pensionistiche».

Dal 2022 si tornerà quindi alle vecchie norme previdenziali? Al momento sembra di no. Le opzioni sul tavolo sono Quota 102 (l’uscita a 64 anni con 38 di contributi) e Quota 41 (in pensione dopo quarantuno anni di contributi). Il nodo da sciogliere, in un sistema pensionistico già caro, sono le coperture. Buonerba, in ogni caso, auspica un cambio di paradigma più radicale. «Riformiamo il sistema pensando alle nuove generazioni. Ma soprattutto guardiamo alle singole storie previdenziali e professionali, cercando di favorire finestre di pensionamento per quei lavori logoranti, che prevedono uno sforzo fisico superiore», conclude Buonerba.

L’apertura di Conte a Trento sembra andare nella direzione auspicata. «Il tema ricalca una battaglia sindacale di vecchia data. Ma alle parole va dato seguito», commenta il segretario generale di Uil Trentino, Walter Alotti, anche lui favorevole a una maggiore differenziazione. Alotti non boccia però in toto Quota 100. «La misura era stata gradita dai lavoratori perché introduceva elementi di flessibilità e volontarietà che mancavano al precedente sistema (il riferimento è alla legge Fornero, ndr ). Occorre però fare un passo diverso, tenendo conto della storia lavorativa di ciascuno», spiega il sindacalista, deluso comunque da un vulnus della norma. Ossia «il fallito turnover nella pubblica amministrazione, promesso come conseguenza dei numerosi pensionamenti nel settore pubblico innescati da Quota 100». «Un ricambio generazionale atteso nelle amministrazioni, compresa quella provinciale, e non ancora messo in atto», aggiunge.

La riforma delle pensioni va quindi pensata. Ciò a cui punta ora il sindacato è un paletto fisso unico. Estendendo quindi a tutti i lavoratori la quota 41, e non solo ai cosiddetti lavoratori precoci «In pensione si dovrebbe andare, a prescindere dall’età, quando si arriva ai 41 anni di contributi», sostiene il sindacalista di Uil Trentino. «A questa richiesta ne aggiungiamo una seconda: che si studino finestre di uscita facilitate per alcune categorie di lavoratori», aggiunge Alotti. Infine, attenzione ai lavoratori discontinui, la cui storia previdenziale rende necessario un supporto.

 

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