18 febbraio 2018 – Corriere del Trentino
Pil 2016: stima dimezzata da 1,1 a 0,5%
L’Ispat, contrariamente a Bankitalia, prevedeva un risultato superiore allo 0,9% nazionale L’Alto Adige intanto «vola» a+2,2%. Sorpresi i sindacati. Bort: «Un dato che non fa piacere»
La stima del Pil 2016 della provincia di Trento viene ritoccata pesantemente al ribasso dalla rilevazione dell’Istat, riportata, a fini comparativi, dall’Istituto di statistica dell’Alto Adige. Se asettembre 2017 l’Ispat di Trento stimava una crescita dell’1,1% rispetto all’anno precedente, l’ultimo dato riporta una crescita solo dello 0,5%, un «passo» che ha una velocità dimezzata e che è inferiore a quello dell’Italia. Sorpresi i sindacati, che si aspettavano un andamento migliore, come pure il presidente della Camera di commercio Bort. La pubblicazione Ispat Trentino dello scorso settembre stimava una crescita del Pil italiano dello 0,9%. Al Trentino invece veniva attribuita una crescita dell’1,1% superiore a quella nazionale, in un contesto in cui il Nordest veniva dato a +1,2%, il Centro a +0,7% e il Nordovest a+0,8%, mentre al Mezzogiorno veniva attribuito un+0,9%. Queste proiezioni contrastavano con quanto indicava a giugno la Banca d’Italia: dopo l’emergere della divaricazione dell’andamento del Pil fra le due province nel periodo 2007 2015 Trento perde il 2,4%, l’Italia perde il 7,9%, mentre l’Alto Adige guadagna il 7,6% —, il direttore di Trento Pierluigi Ruggiero indicava nel 2016 un livello inferiore al +0,9% previsto per l’Italia. A fine anno (in piena bagarre per i licenziamenti del Sait) l’Istat nazionale correggeva le stime dell’Ispat: nel 2016 Italia a+0,9%, Bolzano +2,2%, Trento +0,5%. Nei giorni scorsi l’Astat di Bolzano confermava queste cifre, mettendole a confronto con Germania, Austria e Svizzera. «Dal 2014 il Pil dell’Alto Adige è cresciuto in linea con l’andamento del Pil di Austria, Germani e Svizzera —dice il rapporto —. Il Trentino ha invece un Pil stazionario, mentre l’Italia, dopo il crollo del 2013, registra una leggera ripresa, ma fatica a recuperare i livelli pre-crisi». Entrando nel dettaglio del valore assoluto, il Trentino nel 2012 aveva un Pil di 17,93 miliardi; 18,4 nel 2013; 18,6 nel 2014; 18,6 nel 2015; 18,8 nel 2016. L’Alto Adige nel 2012 aveva 20,4 miliardi; 201,7 nel 2013; 21 nel 2014; 21,5 nel 2015; 22,18 nel 2016. A livello di Pil pro-capite l’Alto Adige è a quota 42.500 euro, poco sotto al Tirolo (43.700 euro), mentre il Trentino è a 35.000 euro. «I dati relativi al 2014 —specifica l’Astat — sono definitivi e rimangono invariati, mentre quelli per gli anni 2015 e 2016 hanno carattere provvisorio e verranno aggiornati nelle prossime edizioni». «Sono dati che segnalano un po’ di ritardo rispetto alla capacità di seguire l’evoluzione del Pil nazionale — osserva Gianni Bort —. Dire che qui la crisi arriva dopo e se ne va dopo è una foglia di fico: è un dato che non fa piacere e che qualche preoccupazione la dà. La Provincia —continua — dovrebbe essere più attenta alle esigenze delle imprese. Lo dice anche Confindustria: con meno adempimenti e meno tasse le aziende potrebbero fare di più. Altrimenti è un cane che si morde la coda. Purtroppo i nostri governanti non capiscono i problemi del Paese, ragionano per massimi sistemi. Basti vedere l’ultima notizia sulle bollette elettriche: per effetto di sentenze di Tar e Consiglio di Stato, l’Autorità ha previsto che una parte delle tasse non pagate venga spalmata su chi è onesto. Come può una classe dirigente ragionare così? Con Unioncamere ci stiamo muovendo per reagire» conclude. Walter Alotti, segretario della Uil, è incredulo: «Meno della metà? Forse c’è un problema di fonti, a questo punto mi fiderei solo di Bankitalia. Qui c’è una sovrastima della Provincia». Da ricordare che in discussione della Finanziaria il governatore Ugo Rossi ha già previsto per il 2017 un +1,6%. «Dobbiamo ripensare le politiche di investimento — prosegue — non solo mettere soldi nelle funivie». Cauto Franco Ianeselli, segretario della Cgil: «Siamo investiti da una pioggia di dati. Chi ci governa dovrebbe prevedere dei momenti di condivisione, in nome del dialogo sociale, come accadeva nel recente passato. Si dovrebbe discutere di andamento degli indicatori, di crisi della Cooperazione e di tanti altri temi. Invece niente. È una questione di serietà. C’è la sensazione, che mi auguro venga fugata, di venir chiamati solo per le “cose belle”, a fini politici». Infuriato Lorenzo Pomini, segretario Cisl: «Essere sotto l’andamento del Pil dell’Italia è un bruttissimo segnale. Significa che gli investimenti pubblici non hanno sortito l’effetto sperato. E ci sono troppi imprenditori in Trentino che se va bene riescono solo a seguire le idee del pubblico, se va male nemmeno quello riescono a fare. Sarà, ma io vedo ricchezza che temo resti solo in zone grigie o nere».
Scarica il pdf: PIL-ART180218
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