Prezzi. A febbraio inflazione al 9.3% e la Giunta resta immobile Cgil Cisl Uil: urgente intervenire per spingere i rinnovi contrattuali e politica dei redditi per non rischiare emergenza sociale nelle fasce più deboli
Viaggia sempre a ritmi sostenuti l’aumento dei prezzi in Trentino. A febbraio l’inflazione in provincia si attesta al 9.3%, pur decelerando rispetto al 10% del mese precedente, con un andamento di nuovo più sostenuto rispetto al trend nazionale. Così, si può prevedere che l’inflazione nel triennio 2021-2023 in provincia si attesterà oltre il 15% cumulato, visto che l’Istat dà già come acquisito un incremento dei prezzi del 5.4% su quest’anno.
A trainare la crescita sono soprattutto i beni di prima necessità, alimentari e largo consumo. Una situazione che preoccupa i sindacati. Cgil Cisl Uil invitano a non abbassare la guardia e puntano il dito contro l’immobilismo della Giunta provinciale che fino ad oggi non ha messo in campo nessuna azione né sul fronte contrattuale, non stanziando le risorse per il rinnovo dei contratti delle Autonomie locali, scuola e sanità, né per adeguare strutturalmente le misure di sostegno alle famiglie e del welfare provinciale. “L’aumento dei prezzi si concentra su beni non comprimibili e dunque colpisce le famiglie più fragili e a reddito fisso – fanno notare i segretari generali Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti -. Da mesi sollecitiamo la Giunta ad aprire un confronto per definire una politica dei redditi che dia sostegno alle componenti più esposte della nostra comunità. Ad oggi non è stato aperto nessun confronto né l’esecutivo ha messo in atto misure strutturali in questa direzione se si esclude il parziale adeguamento Icef all’inflazione per assegno unico e il bonus bollette di 180 euro, del tutto insufficiente”.
Le tre confederazioni registrano l’immobilismo di Piazza Dante anche sul piano dei rinnovi contrattuali. “Con questo atteggiamento la Giunta non solo non apre il confronto per il rinnovo contrattuale di 45mila dipendenti pubblici, tra enti locali, scuola e sanità, ma di fatto legittima anche le imprese a restare ferme con il risultato che i contratti non si rinnovano e le lavoratrici e i lavoratori vedono calare a picco la loro capacità di spesa”.
Una situazione che per i sindacati rischia di avere un impatto pesantissimo sulla tenuta sociale della nostra comunità e ne compromette anche la capacità di attrazione di nuova manodopera. “Se le retribuzioni non sono adeguate al costo della vita sul nostro territorio è difficile pensare che lavoratrici e lavoratori, anche con competenze, arrivino in Trentino. Piuttosto il combinato disposto tra basse retribuzioni e alto costo della vita porterà molti a cercare occasioni lavorative fuori dai confini provinciali”, concludono i tre segretari generali.
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