Rapporto Banca d’Italia. Senza investimenti privati il Pil del Trentino resta al palo Cgil Cisl Uil: la ridotta dimensione aziendale e i pochi investimenti frenano produttività e retribuzioni. Non servono tagli alle tasse, ma sostegni alla crescita e innovazione del tessuto produttivo
Negli ultimi dieci anni le imprese trentine hanno accresciuto la loro redditività, ma non hanno investito a sufficienza nella loro crescita né in innovazione. Una dinamica che ha rallentato la crescita del Pil provinciale, che resta sotto alla media dell’Unione europea a 28 e dell’Alto Adige, dove gli investimenti privati sono costantemente cresciuti in modo sostenuto. E’ uno dei dati che emerge dal Rapporto annuale della Banca d’Italia sull’economia delle due province. “In questo quadro è facile comprendere che il sistema economico trentino è più fragile di fronte alla crisi economica che stiamo affrontando, la peggiore dal dopo guerra ad oggi”, osservano con preoccupazione i segretari generali di Cgil Cisl Uil del Trentino.
“Gli imprenditori trentini hanno preferito non reinvestire nelle aziende l‘aumento di fatturati e utili, non facendo abbastanza per crescere sul mercato, essere più innovative e competitive – dicono Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti -. Una dinamica non nuova al nostro tessuto economico che ha frenato la crescita della produttività e con essa quella delle retribuzioni”. In sostanza si lavora tanto in termini di ore, ma il valore aggiunto prodotto resta basso perché al lavoro non si accompagna un tasso di investimento e di innovazione tale da permettere un utilizzo più efficiente della forza lavoro.
A questo si aggiunge il rallentamento della crescita demografica e il progressivo invecchiamento della popolazione che espongono l’economica trentina a maggiori difficoltà e ad un’incapacità a valorizzare, all’interno dei contesti produttivi, anche le competenze dei lavoratori senior.
“Stando così le cose la priorità anche delle politiche pubbliche a sostegno delle imprese non possono ridursi ad ulteriori tagli delle tasse non selettivi. Gli imprenditori invocano la riduzione dell’Irap, che nella nostra provincia è già tra le più basse d’Italia, ma quel che serve è ben altro – aggiungono i tre sindacalisti -. Bisogna favorire la crescita dimensionale delle aziende locali e la loro capacità di innovazione. Interventi che aumentano la redditività aziendale non portano a risultati significativi in termini di crescita economica, retributiva ed occupazionale, se questa non viene poi distribuita sul sistema”.
Il Trentino, però, come sottolinea la Banca d’Italia ha anche un importante punto di forza: il proprio capitale umano, che può diventare un importante elemento di crescita e sviluppo. “Anche nel mondo post-Covid, la scommessa è creare un contesto attrattivo che tenga sul territorio queste risorse umane altamente qualificate e che spinga sui settori di frontiera come la sostenibilità ambientale, le tecnologie della comunicazione, l’innovazione in campo energetico. E difficilmente questo può accadere in imprese piccole e con scarsa capacità innovativa, che vuol dire anche scarsa competitività e crescita ridotta. Allo stesso tempo serve investire sulla qualità dell’occupazione: precarietà e retribuzioni basse facilitano, infatti, la dispersione del capitale umano”, concludono.
17 giugno 2020
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