l’Adige – 13 aprile 2024
«Rsa, turni sfiancanti: 21 ore a paziente». Case di riposo, l’assemblea di Cisl e Uil. «Sempre più ospiti con gravi patologie»
«Vogliamo valorizzare le competenze di chi lavora in Azienda sanitaria e nelle Rsa, non il cottimo». Questa l’istanza lanciata dai sindacati Cisl Fp e Uil Fpl Enti locali del Trentino nell’assemblea che ieri al Palazzo della Regione ha coinvolto 41 delegati delle case di riposo e dei servizi alla persona.
Un settore, hanno denunciato i sindacati, vicino al collasso. Si parla di «carichi lavorativi sfiancanti» fino a 1250 minuti, quasi 21 ore, a posto letto alla settimana. Aumenta inoltre l’età media del personale, a fronte di un’utenza sempre più eterogenea. «Chiediamo un tavolo di lavoro», è l’appello delle due sigle sindacali, che propongono una revisione dei parametri e dell’impianto organizzativo del lavoro.
Tutto ciò in aggiunta a un nuovo tipo di contrattazione, in parte già abbozzata: «Un primo tassello verso il rafforzamento degli stipendi, ma non basta. Vogliamo uscire dal concetto dei minuti dedicati alle persone, le persone non sono cose, non è una fabbrica — ha detto Giuseppe Pallanch, segretario della funzione pubblica della Cisl — Dove sono finiti i soldi del Pnrr? C’era un numero consistente di milioni, ora devono venire fuori anche le responsabilità di chi tira fuori queste ricette. Chiediamo all’assessore Tonina di prendere in cura chi ci cura, bisogna investire nel capitale umano e in un
riconoscimento economico tramite contratti di secondo livello. Se ci bypassano — ha concluso — mobiliteremo il personale».
Gli ha fatto eco Andrea Bassetti, segretario della Uil Fpl: «La professione sanitaria assistenziale è sempre più in difficoltà di reperimento, i giovani trentini ma anche extra frontiera non sono più intenzionati ad arrivare a garantire la loro presenza e ad attivare un percorso di formazione ciclica — ha sottolineato — Abbiamo chiesto più volte, in maniera sinergica, il monitoraggio dei carichi di lavoro per singole Rsa».
Tutte soluzioni già avanzate all’assessore Tonina in un incontro del 6 e 7 marzo e che possono essere attuate solo «trovandosi attorno a un tavolo tecnico — ha aggiunto Cindy Galizzi, operatrice socio-sanitaria alla casa di riposo Don Ziglio di Levico Terme — I nostri anziani sono in condizioni sempre più difficili nelle case di riposo, il Covid ha peggiorato notevolmente le condizioni fisiche, anche psicologiche dei nostri anziani. I parametri che erano stati individuati prima del Covid sono da rivedere, il personale non ce la fa più». Una situazione ancora più insostenibile per le strutture periferiche. «In Val di Fassa mi dicono che non ce la fanno più, nelle valli non ci sono corsi di formazione per oss, di conseguenza nelle Rsa vengono messi ausiliari», ha riferito l’operatrice. «L’intelligenza artificiale aiuta, ma i parametri dovevano essere aumentati e i soldi che dovevano essere messi nel personale, sono stati messi nelle macchinette e nelle telecamere», ha denunciato Andrea Lunelli della Rsa di Povo. Non sono mancate altre testimonianze. «Nel nostro turno diventiamo parafulmini dei parenti, perché siamo le prime persone che vedono e non sappiamo se possiamo rispondere perché nessun superiore si prende la responsabilità di parlare con chi di dovere», ha detto un’infermiera dell’Apsp di Avio. «Siamo continuamente svalutati. Durante la pandemia, quando si parlava degli eroi medici sanitari nessuno ha parlato degli oss», la chiosa di Noemi Peruzzi dell’Apsp Alberto Tschiderer di Trento.
Una professione messa a dura prova da un’utenza sempre più eterogenea, che raccoglie anche soggetti con gravi patologie fisiche o psichiatriche, non di competenza delle Rsa. «Il carico è aumentato perché gli anziani che arrivano sono buttati fuori dagli ospedali. Si sta andando verso un modello aziendalistico, a tenerli in RSA si risparmia», ha concluso Andrea della Apsp Vannetti di Rovereto.
Scarica il pdf: ADIGE Rsa 130424
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