2 marzo 2017 – Trentino
Sait, cassa integrazione per tutta la sede
La lettera all’Inps chiede il provvedimento per i 395 dipendenti e non solo per i 130 esuberi. La Cgil: «Scelta unilaterale»
Il Sait ha chiesto all’Inps la Cassa integrazione straordinaria per tutti i 395 dipendenti della sede centrale. Non solo dunque per le 130 posizioni lavorative che l’azienda aveva individuato come esuberi ma appunto «per 395 lavoratori appartenenti alla categoria di impiegati ed operai. Durata della sospensione dell’attività 12 mesi» si legge nella lettera in questione.
Un passaggio, questo, richiesto dalla legge in vista dell’incontro previsto il 21 di questo mese al Servizio lavoro della Provincia, dove si dovrebbe trovare l’accordo sui termini della Cassa.
Ma sulla decisione del Sait di allargare la misura dell’ammortizzatore sociale a tutti i dipendenti della sede le valutazioni del sindacato sono difformi: «Io non entro nel merito di questa scelta, lo farò durante l’incontro, di certo posso dire che si è trattato di una scelta unilaterale dell’azienda, del Sait, non concordata con le organizzazioni sindacali», osserva Roland Caramelle, segretario generale della Filcams Cgil.
La scelta di estendere la partita della Cassa integrazione è invece letta come un’opportunità dal responsabile del setttore della Uil, Walter Largher: . «Il sindacato ha in agenda due distinti incontri, per l’8 ed il 10 di questo mese, per smussare almeno gli angoli più taglienti della trattativa in modo da non presentarsi all’incontro dei 21 con tutta la tematica ancora da affrontare».
Sul documento del Sait prende invece una posizione netta, senza se e senza ma, la consigliera del gruppo misto Manuela Bottamedi: «Questa dell’Inps è la lettera della vergogna. Mi sono vergognata della nostra specialissima Autonomia usata male. Anzi, malissimo. Appena arriverà l’ok dall’Inps tutti i 400 lavoratori della sede centrale saranno in cassa integrazione. L’unico supermercato al mondo in crisi. Dove a pagare sono solo i lavoratori e a guadagnare sono sempre i soliti, lassù in alto. In altre parole: la cooperazione non cooperativa» chiude la consigliera provinciale.
«La vera vergogna – sbotta Largher – è che ci siano dei politici che non si sono mai occupati di commercio e che, ora, visto che affrontare il tema offre visibilità, lo cavalcano senza sapere bene di cosa si sta parlando».
Sul fronte Cgil, fermo restado il concetto che non si vuole ora entrare nel merito della scelta del Sait, rimane invece una perplessità (per usare un eufemismo) su che cosa possa essere considerato una vergogna: «Io l’ho detto e non ho problemi a ribardirlo. La vergogna sta nell’incapacità dirigenziale che ha portato il Sait in queste condizioni. Chi ha la responsabilità della situazione attuale resta al suo posto e a pagare sono invece i lavoratori. La vergogna è quella di aver messo i dipendenti in questa situazione. Debbo dire la verità: sono 20 anni che faccio sindacato e un’assemblea come quella che abbiamo visto al Sait mi ha colpito in modo particolare. Perché? Mi è sembrato di cogliere una sorta di rassegnazione, non si è visto nemmeno una rabbia “esplosiva”».
Insomma una partita tutt’altro che chiusa e dai contorni ancora da chiarire: di certo alargando il provvedimento di Cassa integrazione il Sait si tiene le mani libere sui tempi e sui modi della sua applicazione. Il resto è un copione ancora da scrivere.
Scarica il pdf: Sait ART 020317
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