13 febbraio 2018 – Trentino

La crisi del consorzio il caso esuberi

Sait, «schedati» oltre 300 lavoratori

Pagelle su velocità, competenza e capacità di relazione per scegliere i primi 69 da licenziare. Ma c’è stata una fuga di dati

Sono 69 (per il momento) i lavoratori che hanno ricevuto la lettera di licenziamento dal Sait: l’età media è di circa 50 anni (ma nell’elenco ci sono anche alcuni trentenni e vari lavoratori a cui manca poco per la pensione), gli uomini (55) sono molti più delle donne (14) e il reparto che conta il maggior numero di lavoratori licenziati è il “magazzino generi vari” con 14 lavoratori. Ma al di là delle questioni sindacali c’è un certo allarme tra i lavoratori per la procedura che ha portato alla scelta dei lavoratori da licenziare e che ha comportato la “schedatura” di oltre 300 dipendenti, con una serie di pagelle che individuano i migliori (e naturalmente i peggiori) e che riportano anche dati sensibili come l’anzianità, l’indirizzo privato, il codice fiscale, i familiari a carico, comprese alcune indicazioni sul costo del lavoro di ognuno. È in base a questi dati che i vertici del consorzio (in seguito all’accordo raggiunto con i sindacati) hanno selezionato i lavoratori da licenziare. Ed è (anche) in base a questi dati che potrebbero partire eventuali ricorsi da parte dei lavoratori colpiti dal provvedimento: si tratta per lo più di impiegati e operai, ma ci sono anche quattro quadri. Mettetevi per un attimo nei panni degli altri dipendenti Sait, quelli che manterranno il loro posto di lavoro e che ora sanno qual è il voto che il loro responsabile ha assegnato loro in “tempestività di esecuzione”, oppure “capacità relazionali”, o ancora “autonomia lavorativa e spirito di iniziativa” e soprattutto “competenze professionali”. Tutto questo (voti compresi) è nero su bianco su una serie di fogli che hanno cominciato a circolare tra i lavoratori. Dai fogli è evidente il dramma di alcuni di loro: ci sono casi di uscite volontarie, ma anche situazioni di lavoratori con buoni voti che sono stati licenziati ugualmentein seguito alle esigenze dell’azienda. Oppure lavoratori che hanno perso il posto per pochi decimi di punteggio, all’interno di un calcolo complesso dove le pagelle in realtà contano per il 25%, oltre a parametri come l’anzianità, i carichi familiari e il costo del lavoro. Se n’è parlato ieri mattina nel corso di un’assemblea in cui alcuni lavoratori hanno chiesto conto della “fuga di dati” con un certo malumore. L’azienda sostiene di aver consegnato le “pagelle” solo ai sindacati, per consentire ai lavoratori licenziati di avere un’idea del quadro in cui è stata effettuata la selezione. Walter Largher (Uilt Tucs) nel corso dell’assemblea ha condannato la fuga di dati assicurando che il suo sindacato ha illustrato la situazione ai lavoratori interessati senza consegnare le “pagelle”. Ma i tabulati circolano e per il consorzio della distribuzione alimentare la diffusione dei dati sensibili, al di là dell’imbarazzo e della rabbia provocati tra i lavoratori, potrebbe rappresentare anche un problema legale. Intanto i lavoratori licenziati avranno tempo fino ad aprile per organizzarsi: chi accetterà il licenziamento sarà indennizzato con circa 16 mila euro lordi (per un lavoratore a tempo pieno) ma è comunque possibile presentare ricorso, anche se la via giudiziaria è decisamente in salita dopo che l’azienda ha concordato le modalità di uscita con i sindacati.

«Svenduti dai nostri sindacati»

La rabbia di un licenziato: «Il prezzo lo paghiamo solo noi che perdiamo il posto»

 

«La realtà è che in questa vicenda i sindacati ci hanno svenduti per salvare gli altri lavoratori». Ecco la rabbia di Nourredine Zidi, tunisino di 53 anni, residente in Italia da 28, doppia cittadinanza sul passaporto, uno dei 69 (finora) dipendenti del Sait licenziati. L’attacco si riferisce alla firma dell’accordo tra azienda e sindacati: «Ci hanno detto che lo hanno fatto per salvare più posti di lavoro, ma in realtà il prezzo di questa storia lo paghiamo noi 80 che usciremo da qui al 2 aprile. Se non ci fosse stato l’accordo la vicenda per noi sarebbe ancora aperta, invece ora un eventuale ricorso in tribunale avrebbe poche speranze». «Ma dov’è finito l’accordo con la Provincia sui livelli occupazionali? » chiede ancora Zidi. «La firma dei sindacati è stata come una condanna per i lavoratori licenziati. Io penso che il sindacato dovrebbe firmare i rinnovi del contratto di lavoro, gli accordi integrativi ma non il licenziamento dei lavoratori. Dicono che hanno fatto il referendum, ma noi che siamo stati licenziati pensiamo che non sia valido». Certo l’accordo con i sindacati ha anche previsto un bonus di 16 mila euro (lordi) per i lavoratori in uscita. «Ma cosa vuole che siano dopo oltre vent’anni di anzianità? Tanto più che dopo aver pagato le tasse ci hanno detto che ne resteranno 12 mila ». Nourredine Zidi lavorava nel reparto ausiliari (faceva le pulizie) che è stato praticamente cancellato dall’organigramma del Sait. Quanto alla possibilità di ricollocazione nel mondo cooperativo Zidi non ci crede più di tanto: la sua pagella è bassa, chi lo prenderà? «C’è stata troppa vicinanza tra sindacati e azienda» aggiunge ancora. Per lui, come per gli altri licenziati, ci saranno altri due anni di “ammortizzatori” (circa 700 euro al mese) durante i quali proverà a cercare un altro lavoro.

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