l’Adige – 10 novembre 2023

Salari bassi, gli scioperi a singhiozzo. Alotti (Uil): «Per il Trentino proposte senza risposta»

Sciopero generale. Certo, a pezzi, con il pubblico un giorno e il privato un altro. Ma il concetto quello è: sciopero generale. Perché i salari sono bassi, perché le pensioni lo sono pure di più e perché nella recente manovra finanziaria del Governo non ci sono risposte a questo problema. Lo hanno indetto le segreterie nazionali di Cgil e Uil, che a livello locale aggiungono il carico di una situazione anche più esplosiva che altrove, con i salari più bassi della media italiana e il costo della vita più alto. «Domani (oggi, ndr) faremo un incontro con tutti i delegati, che andranno a spiegare l’iniziativa ai lavoratori. Ma se c’è un territorio dove ha senso scioperare è il nostro, con costi più alti e stipendi fermi – spiega il segretario generale della Uil Walter Alotti – Alla nostra proposta, mesi fa, nemmeno hanno risposto».
Lo sciopero sarà articolato in diversi giorni per i diversi settori e i diversi territori. Per quanto riguarda il Trentino, venerdì 17 novembre incroceranno le braccia (e chi vorrà parteciperà al presidio sotto il commissariato del Governo) i lavoratori del comparto pubblico, scuola, università, ricerca, trasporti, poste, vigilanza privata, pulizie e multiservizi, ristorazione collettiva, igiene ambientale. Il venerdì successivo gli altri dei settori privati.
Partendo dalle ragioni che hanno spinto i segretari nazionali a questa scelta, perché il primo messaggio che si vuol mandare è a Roma, Alotti si concentra sulla Finanziaria del governo Meloni: «L’assemblea con i delegati inizierà a programmare come coinvolgere i lavoratori: Certo a loro non dovremo spiegare cosa non va, lo vivono ogni giorno, e ogni mese in cui faticano ad arrivare alla quarta settimana. Però è ora di farsi sentire perché questa manovra è fatta in gran parte a debito, tuttavia avevamo inteso che ci sarebbero state strade per interventi maggiori a favore di famiglie, lavoratori e pensionati. Partiamo dalla tassazione degli extraprofitti, cioè verso alcuni settori, penso a quello energetico, ma anche a quello farmaceutico e alle banche, in cui l’inflazione, unita a speculazioni evidenti, ha generato profitti enormi. Il governo aveva annunciato la volontà di tassarli, a noi andava bene, poi le lobby si sono fatte sentire e da qualche decina di miliardi di entrate, siamo arrivati a due miliardi». Si chiede inoltre l’aumento delle risorse per famiglie, lavoratori e imprese, aumentando la tassazione sulle rendite finanziarie e con la tassazione delle transazioni finanziarie: «In Italia siamo fermi al 26%, la media dei paesi Ocse è al 31%». Quanto alle pensioni, «si sono ridotti persino gli interventi del Governo Draghi».
Fin qui i motivi per cui sarà chiesto ai lavoratori di scioperare, allo scopo di mandare un messaggio a Roma. Ma pure a Trento qualche indicazione si vuol dare. Perché è da tempo che i sindacati chiedono sia all’ente pubblico, sia al sistema delle imprese, di farsi per lo meno parzialmente carico della perdita di potere d’acquisto di salari già magri, in una terra con il costo della vita tra i più alti. «Noi assieme a Cgil e Cisl avevamo fatto delle proposte per rispondere ad alcune questioni – rivendica Alotti – abbiamo proposto che le categorie aderissero ad un contratto integrativo territoriale, 150 euro mensili in attesa che scattassero i rinnovi contrattuali, posto che il 60% dei contratti è scaduto. Avevamo proposto azioni fiscali, visto che abbiamo un regime di addizionale Irpef meno conveniente rispetto all’Alto Adige. Ci sembrava fattibile e ne avrebbero avuto benefici anche i pensionati». Proposte in larga parte cadute nel vuoto: «Erano proposte, anche lavorabili, non rigide. Ma se l’ente pubblico in qualche modo ha fatto la sua parte, con il protocollo sul rinnovo del contratto, dalle categorie economiche c’è stato un silenzio di tomba. E per questo c’è tanta delusione, ma anche una certa rabbia. Si sono adeguati al profilo nazionale, senza capire che sarebbe stato un investimento anche sul loro futuro». Perché è piuttosto chiaro: se i salari sono troppo bassi, cala la domanda interna. E il Trentino non vive di solo export e nemmeno di solo turismo.

 

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