26 agosto 2021 –  Corriere del Trentino

Sanità, sindacati in allerta«Con lo stop ai no vax turni di lavoro a rischio»

TRENTO La fase del dialogo è ormai agli sgoccioli. L’azienda sanitaria trentina ha annunciato che dalla prossima settimana scatteranno i primi provvedimenti per i professionisti non vaccinati, ma «malgrado le richieste, non siamo stati ancora convocati», reclamano i sindacati del comparto sanità. Che invocano un incontro urgente con la direzione dell’Azienda per affrontare il nodo della riorganizzazione del lavoro in vista delle imminenti sospensioni o trasferimenti: «I sanitari sono allo stremo, non si possono aumentare i carichi di lavoro». Una situazione che preoccupa non poco anche l’Ordine provinciale degli infermieri, soprattutto per le possibili conseguenze nelle case di riposo: «Ci sarà un’ulteriore riduzione degli organici in alcuni contesti di cura già oggi sottodimensionati», avverte il presidente dell’ordine professionale Daniel Pedrotti.

Proprio ieri pomeriggio si è tenuta una riunione tra l’Unione provinciale delle istituzioni per l’assistenza e le Funzioni pubbliche di Cgil, Cisl e Uil. Dal confronto — al termine del quale i sindacati hanno ottenuto un tavolo di confronto permanente con Upipa — sono emersi alcuni dati che fotografano la situazione all’interno delle Rsa: complessivamente sono 342 i sanitari non immunizzati (il 12%), di cui 263 operatori socio-sanitari (su 2.320), 74 infermieri (su 567) e 5 medici (su 84). La sospensione dal lavoro di questi professionisti provocherebbe gravi disagi per una dozzina di case di riposo (su un totale di 42 Apsp): in cinque strutture è a rischio la rotazione dei turni, mentre in altre sette sono a rischio i parametri minimi assistenziali.

«Questo problema non deve ricadere sugli operatori che rimangono a lavorare», mette in guardia il sindacato Fenalt, sintetizzando il pensiero delle altre organizzazioni sindacali. Già oggi, a dire il vero, la situazione si presenta critica. «Assistere, per un infermiere, 50-60 ospiti durante i turni del mattino o pomeriggio e fino a 110-115 durante la notte, come tuttora avviene — spiega infatti il presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche —, non permette di garantire sicurezza e qualità delle cure e della presa in carico di pazienti anziani con cronicità e fragilità e determina carichi assistenziali elevatissimi per gli infermieri». «Vaccinarsi — aggiunge però allo stesso tempo Pedrotti — per un infermiere è in primis un dovere deontologico, una responsabilità di tutela della salute individuale e collettiva».

A livello generale, su 860 sanitari che avevano ricevuto l’invito formale alla vaccinazione solo 170 hanno risposto positivamente. Mentre gli altri 690 non si sono presentati all’appuntamento fissato a ridosso di Ferragosto. Di questi «irriducibili» 144 sono dipendenti dell’Azienda sanitaria, «ma essendo sparsi tra le varie unità operative, non credo ci saranno problemi significativi», aveva spiegato martedì il direttore generale dell’Azienda sanitaria Antonio Ferro. Parole che non placano le preoccupazioni dei sindacati, che in primis criticano il modo in cui vengono comunicati i dati: «Ormai — tuonano — veniamo informati dai giornali, vorremmo un maggiore coinvolgimento delle parti sociali». I sindacati del comparto sanità — Fp Cgil, Cisl Fp, Fpl Uil e Nursing Up — hanno già chiesto all’Azienda sanitaria di aprire un tavolo di confronto in merito agli accertamenti condotti sull’inosservanza dell’obbligo vaccinale. Ad oggi però non hanno ricevuto alcuna risposta.

La preoccupazione principale è che i provvedimenti di sospensione possano minare la qualità dei servizi e gravare sui professionisti vaccinati, già oberati di lavoro. «L’Azienda ha il dovere di dirci quali azioni verranno prese per rimpiazzare i sanitari non vaccinati — dice Giuseppe Varagone, segretario di Fpl sanità Uil —. Aumentare i carichi di lavoro significherebbe aggravare la situazione di lavoratori che sono già allo stremo». Il sindacato degli infermieri «Nursing up» propone di posticipare i provvedimenti: «L’Azienda sanitaria deve proseguire con l’opera di convincimento», afferma il coordinatore provinciale Cesare Hoffer. Dall’altra parte il segretario della Cisl medici del Trentino punta i riflettori anche sulle conseguenze dei medici di famiglia non ancora vaccinati: «Rispetto ai dipendenti dell’Azienda, che in linea di massima avranno il posto assicurato perché saranno spostati in ufficio — evidenzia Nicola Paoli —, per i medici di famiglia le ripercussioni sono più pesanti: oltre a perdere lo stipendio perdono anche gli assistiti».

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