29 giugno 2019 – Trentino, Corriere del Trentino
Sanità. «Il tempo per indossare la divisa è tempo di lavoro da retribuire».
Una “causa pilota”. Riconosciuta in via definitiva l’istanza avanzata da un’infermiera trentina L’Azienda sanitaria costretta a versare 3.000 euro. Ora altre categorie potrebbero farsi avanti
Il tempo per indossare la divisa negli ospedali va riconosciuto come lavoro e quindi va retribuito. Sono serviti tre gradi di giudizio e una battaglia portata avanti dal 2011 dalla sola Uil, senza l’appoggio delle altre sigle sindacali. Alla fine la Cassazione ha dato ragione a Cinzia Pretti, un’infermiera, riconoscendole tremila euro di pregresso per il tempo utilizzato ogni giorno per indossare il camice. È una “causa pilota” che ora rischia di avere un effetto a catena, perché secondo la Uil lo stesso riconoscimento va dato anche agli altri settemila dipendenti dell’Azienda sanitaria. «Abbiamo già chiesto un incontro urgente per trovare un accordo – spiega Giuseppe Varagone, segretario provinciale di Uil Fpl sanità –. In caso contrario, abbiamo già 500 dipendenti pronti a fare causa a oltranza».
Il tempo della vestizione
Il concetto, ora ribadito anche dalla Corte suprema, è che le aziende devono dare un riconoscimento economico per il tempo dedicato alla vestizione e alla svestizione, prima e dopo il turno di lavoro. Anche perché il camice non può essere indossato a casa, per motivi d’igiene. Il caso trentino si inserisce nel contesto di altre battaglie sindacali e giudiziarie un po’ in tutta Italia. «Questa non è una vittoria mia personale, perché ora questa sentenza deve essere estesa anche agli altri lavoratori. Sentenze simili c’erano già state in altre cinque regioni italiane», spiega l’infermiera.
Fino alla Cassazione
Il caso trentino è però particolare: mentre altrove la questione si era risolta dopo il primo grado di giudizio, l’Azienda sanitaria ha preferito arrivare fino alla Cassazione. «I giudici ci hanno sempre dato ragione – spiega Varagone –. Nel 2011, dopo la prima sentenza del Tribunale di Trento, avevamo chiesto un incontro per risolvere la questione». L’Azienda ha però respinto ogni trattativa, con il benestare delle altre sigle sindacali. La Uil si è trovata sola, ma la causa è andata avanti. Nel 2013 è arrivata la seconda sentenza, in appello, sempre favorevole all’infermiera e alla Uil. La scorsa settimana il giudizio definitivo, quello di legittimità della Cassazione. L’azienda sanitaria è stata costretta a pagare anche le spese legali. Un precedente che secondo Varagone potrebbe convincere altre categorie a ricorrere al Tribunale: in tutti quei casi in cui il lavoratore deve indossare una divisa.
Scarica il pdf: sanità ART 290619
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