01 aprile 2021 – Corriere del Trentino
Sanitari no vax, ora rischiano in 700. I sindacati divisi sul decreto contro chi non si vaccina.
TRENTO Le posizioni sono discordanti. E su un tema tanto delicato non poteva essere altrimenti: l’obbligo vaccinale deciso dal governo Draghi per il personale sanitario (ma anche per i farmacisti) — con la possibilità di spostamenti o sospensione dello stipendio per chi si rifiuterà fino alla fine dell’anno — agita il mondo della sanità. Con i sindacati del comparto contrari a «minacce», ma con medici e primari che rimangono a favore di una direzione considerata «etica». Il possibile spostamento ad altra mansione dei sanitari no vax solleva però un ulteriore nodo: la misura infatti potrebbe mettere in difficoltà l’organizzazione del personale sanitario, in particolare nella composizione delle équipe.
I sindacati
«È sbagliato veicolari messaggi troppo punitivi nei confronti di una categoria che ha sofferto» avverte Cesare Hoffer, di Nursing Up. Che con Luigi Diaspro (Cgil Fp), Giuseppe Pallanch (Cisl Fp), Giuseppe Varagone (Uil Sanità) e Paolo Panebianco (Fenalt) fissa una posizione comune. Critica. Che parte dai dati, ossia dall’85% di immunizzazione del personale dell’Azienda sanitaria a contatto con i pazienti (il 75% attraverso vaccino e il restante 10% avendo contratto l’infezione). In numeri, su 4.500 operatori si parla di circa 3.800 persone immunizzate. «Noi sosteniamo la vaccinazione — sottolineano i sindacati — la strada corretta è quella dell’informazione e della formazione. Tuttavia non riteniamo accettabile procedere con la minaccia di perdere lo stipendio, sostenuta anche dal governatore Fugatti, perché è necessario in primo luogo il convincimento dei lavoratori attraverso una campagna informativa più diffusa ed efficace. I lavoratori devono essere sempre coinvolti. Non vorremmo che questa presa di posizione serva a coprire tutte le lacune che la gestione del sistema sanitario provinciale ha evidenziato in ques’ultimo anno». Gli occhi sono rivolti verso Piazza Dante dunque: «Servono risorse fresche. È necessario rinnovare il contratto affinché il personale dipendente dell’Azienda sanitaria abbia risposte coerenti con quanto si è prodotto con sudore in termini di disponibilità, competenza e senso del dovere, già prima dell’emergenza». La richiesta alla giunta Fugatti è di «un doveroso riconoscimento economico con risorse ad hoc per l’enorme impegno di questi lavoratori, sia in prima
linea che nelle attività ordinarie comunque necessarie per i servizi ai cittadini in quanto tutto il sistema affronta una situazione emergenziale per tutelare la salute pubblica, con la sottoposizione a turni e a carichi di lavoro massacranti. Costoro non devono essere minacciati ma sostenuti».
I medici
Parla di obbligo «etico e deontologico» invece Nicola Paoli (Cisl medici). Che parte da una considerazione amara. «Mi pare una sconfitta — dice — dover imporre per legge un obbligo che dovrebbe essere nelle corde di ogni sanitario. È difficile comprendere la scelta di un medico di non vaccinarsi: è una sconfitta della classe medica, che nel giuramento di Ippocrate ha anche la necessità di essere da esempio ai propri pazienti». Un obbligo stabilito per legge, secondo Paoli, porta con sé anche qualche rischio: «Potrebbe diventare un pericoloso precedente, per poter in futuro imporre altre vaccinazioni. Ma in questo caso prima di arrivare all’obbligo si è proceduto a una forte campagna di sensibilizzazione». Che avrebbe dovuto essere accolta da tutto il personale sanitario: «In un momento di pandemia è fondamentale essere tutti vaccinati. Abbiamo mascherine e Dpi, ma l’obbligo di essere vaccinati è una questione etica e deontologica. I pazienti hanno il diritto di essere guariti e non contagiati. Facciamolo in ricordo di Tania Trimarchi, la collega morta un anno fa dopo essersi contagiata: lei non ha avuto la possibilità di ricorrere al vaccino». La pensa così anche Cesare Grandi, presidente del sindacato dei primari. «Personalmente — spiega — credo sia ragionevole pretendere che un operatore sanitario dia la massima garanzia di sicurezza». Una materia «difficile» ammette Grandi. «Siamo nel campo delle libertà personali — aggiunge il primario — ma credo che ogni lavoratore debba rispettare le peculiarità della sua professione, assicurando anche la sicurezza dei pazienti». E se «imporre l’obbligo a una categoria è difficile», la presenza di misure come la sospensione o il trasferimento «potrebbero aiutare, credo siano giuste».
Il nodo trasferimenti
Eppure sull’eventuale trasferimento dei sanitari no vax ad altra mansione, anche inferiore, qualche riserva potrebbe esserci. In un territorio dalle dimensioni limitate come il nostro, spostare una persona, magari togliendola da team ormai rodati, potrebbe creare difficoltà.
Scarica il pdf: vaccini ART 010421 2
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