27 ottobre 2021 – Corriere del Trentino

«Scappellotto al collega, l’operaio va reintegrato» Società sconfitta una seconda volta. Il giudice annulla il licenziamento: «Il colpo inferto era lieve, uno scherzo»

TRENTO Lo scappellotto sulla nuca dato per scherzo al collega avrebbe dovuto al massimo essere punito con una sanzione conservativa, non certo con un licenziamento per giusta causa.

Non ha dubbi il giudice del lavoro Giorgio Flaim che ritiene illegittimo il provvedimento adottato dalla Sepr Italia spa (società che produce materiale refrattario per la costruzione dei forni) confermando l’ordinanza dello scorso aprile con la quale la società era stata condannata a reintegrare l’operaio e a pagare 30mila euro di danni. Cosa peraltro mai avvenuta. Da allora ad oggi il dipendente non sarebbe mai rientrato al lavoro e a quanto pare non per sua volontà. Lo avrebbe deciso l’azienda che ora incassa una seconda sconfitta, ma è decisa a proseguire la battaglia legale e ha già presentato reclamo in appello.

Facciamo un passo indietro perché il braccio di ferro tra l’operaio trentino, dipendente storico della ditta (era stato assunto nel 2002), e la società è iniziato in una giornata fredda d’inverno del 2019. Era il 9 dicembre. L’uomo incrociando un collega di un’altra azienda, la Gea Servizi, lungo il corridoio aveva avuto la malaugurata idea di salutarlo dandogli un colpetto sulla testa. Non c’era stata alcuna lite, solo lo scappellotto sul casco del collega, addetto alle pulizie. L’uomo non avrebbe detto nulla, ma mezz’ora prima della fine del turno aveva chiesto di andare a casa perché non si sentiva bene. Il giorno dopo si era presentato al lavoro alle 7 del mattino come ogni giorno, ma aveva raccontato a un collega dello strano modo dell’operaio di salutare. Due ore dopo era stato convocato dal direttore dello stabilimento. Era stato quest’ultimo, secondo la ricostruzione del giudice, a consigliargli di andare dal medico che gli aveva diagnosticato una cervicalgia con prognosi di tre giorni. Il giorno dopo si era sottoposto a un esame radiologico che aveva evidenziato un’artrosi, patologia cronica «che nulla ha a che fare con un episodio violento», scrive il giudice. Da qui era partito il procedimento disciplinare della Sepr che ha licenziato l’operaio burlone. L’uomo, assistito dal sindacato Uiltec Uil- Chimici, attraverso gli avvocati Attilio Carta e Stefano Tomaselli ha impugnato il provvedimento e ad aprile il giudice ha firmato l’ordinanza di reintegro. Niente da fare. La Sepr ha fatto ricorso. Secondo il Tribunale, però, quello colpetto, «dato per scherzo», era lieve, in quanto «non occorre avere profonde conoscenze mediche — precisa Flaim — per affermare che il contatto violento di una mano nuda con una superficie dura espone il pericolo di un infortunio». Non solo: l’uomo aveva ripreso normalmente a lavorare. Il giudice evidenzia la successione temporale tra il colloquio con il direttore e la decisione del lavoratore di rivolgersi al medico. «Non è certo necessario immaginare — continua, stigmatizzando l’atteggiamento della società — come maliziosamente afferma la difesa dell’opponente, disegni macchiavellici. Semplicemente la società, ritenendo la condotta del lavoratore grave sotto il profilo disciplinare, fece notare al lavoratore che avrebbe potuto rivolgersi al medico». E così l’uomo aveva fatto offrendo una carta in più all’azienda per procedere con il licenziamento.

 

Scarica il pdf: Sepr ART 271021 2