Corriere del Trentino, Il T – 25 novembre 2023

Sciopero: 1.500 in piazza per il rinnovo dei contratti «È il giorno di chi soffre»

TRENTO «Adesso basta». Lo striscione sorretto dai lavoratori aderenti a Cgil e Uil riassume le intenzioni dei 1500 trentini che ieri si sono dati appuntamento in via Verdi, da dove è scattato il corteo indetto dalle due sigle, conclusosi davanti al commissariato del governo. Perché «la pazienza è finita», come hanno ratificato i cori. Dopo la protesta dei lavoratori dei settori pubblici, ieri lo sciopero generale ha interessato i dipendenti del privato — dall’agricoltura alla manifattura fino al terziario — che in Trentino conta 140 mila persone. Nel mirino dei sindacati la proposta di legge di bilancio e «le politiche economiche e sociali».
«Questa è la piazza di coloro che soffrono — precisa dalla testa della processione il segretario generale nazionale della UilTucs, Paolo Andreani — La questione centrale del Paese è il salario. Senza salari non si studia, non ci si cura e non c’è libertà». E riguardo al terziario, «il polmone occupazionale centrale per il futuro del Paese», a detta di Andreani basterebbero i numeri per comprenderne la «deriva salariale»: «Anche nel Trentino che vive di turismo sei lavoratori su dieci hanno stipendi di 11 mila euro all’anno. È sempre più gonfio il bacino del cosiddetto lavoro povero, a basso reddito». Così anche il taglio del cuneo fiscale sarebbe una misura insufficiente: «È di certo un contributo per i lavoratori, ma di fatto indebolisce tutta la contrattazione collettiva. Noi invece abbiamo bisogno della detassazione dei salari e di un intervento coraggioso contro l’evasione fiscale».
Traduce in milioni il taglio delle aliquote Andrea Grosselli, segretario generale della Cgil provinciale: «Mancheranno alla Provincia 42 milioni di euro, che per noi vorrà dire tagli alla sanità pubblica, all’istruzione e ai servizi. In Trentino ci sono 120 mila addetti che non hanno un aumento di stipendi da anni, questo è vergognoso e inaccettabile». Inoltre, con il consiglio provinciale non ancora avviato, «non potranno essere stanziate le risorse per il rinnovo dei contratti provinciali — prosegue Grosselli — Tutto per una questione di “careghe”. È un brutto giorno per l’autonomia».
Tra le bandiere accalcate e le fischiettate, Carla Tatti, in rappresentanza dei commessi, spiega: «Lavoriamo spesso sette giorni su sette, senza certezza degli orari e dei riposi. Ci hanno portato via anche la vita sociale per tenere aperto di domenica e nei giorni festivi. Inoltre abbiamo il contratto scaduto dal 2019».
Sulla stessa linea Michele Massimini, per i metalmeccanici: «Lavoriamo otto ore al giorno con una paga base di 1500 euro. Il Trentino non è più un’isola felice». E sulle politiche previdenziali parla per esperienza personale: «Ho cominciato a lavorare a 17 anni, ma per avere una pensione decente dovrò continuare fino a 67».

 

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