Corriere del Trentino, Il T – 18 novembre 2023

Sciopero: 800 lavoratori in piazza Fiera. «Nessuna vacanza, un diritto essere qui»

TRENTO Anche i trentini ieri hanno aderito allo sciopero generale nazionale indetto da Cgil e Uil per «cambiare la proposta di legge di bilancio e le politiche economiche e sociali». E con l’obiettivo di «ridurre le diseguaglianze», come hanno specificato le sigle nel documento che hanno consegnato al prefetto Filippo Santarelli.
Ottocento gli addetti del comparto pubblico, degli appalti e dei servizi che hanno incrociato le braccia per lanciare un messaggio con doppio destinatario: il governo nazionale e quello provinciale. Si sono dati appuntamento in piazza Fiera, gli scioperanti trentini, per una prima ricognizione a ritmo di sbandierate e fischiettate, per poi sfilare fino al commissariato del governo.
«Il 60% dei lavoratori dipendenti trentini, ovvero 120.000 addetti, non hanno un rinnovo contrattuale da tre, quattro o perfino cinque anni — spiega Andrea Grosselli, segretario generale della Cgil provinciale — Con un’inflazione che pare arriverà al 17% questi lavoratori si troveranno di fatto due buste paga in meno all’anno». Ma Grosselli fa anche i conti per capire quanto peserà sul portafoglio provinciale la manovra finanziaria dello Stato, che ridurrà le aliquote fiscali: «Per il Trentino significherà avere 42 milioni di euro in meno di Irpef, ma la Provincia non potrà accendere nuovo debito come lo Stato per coprire il mancato gettito, quindi dovrà essere il governo a riconoscere ciò che manca». Analisi, questa, che per metà è già una richiesta avanzata alla nuova giunta: «Il primo impegno dell’esecutivo dovrà essere quello di negoziare queste compensazioni con Roma». Prosegue l’analisi delle priorità Walter Alotti, segretario generale di Uil Trentino: «Serve indicizzare tutti i parametri che permettono di ottenere benefici per le famiglie, a partire dall’Icef». E sulla nuova squadra di governo: «Non possiamo avere una giunta che pensa soltanto alle piste da sci e agli alberghi, chiediamo per lo meno un dialogo vero, visto che nell’ultima legislatura è avvenuto a stenti».
E tuttavia lo sciopero di ieri è stato anticipato, gli scorsi giorni, dagli sforzi del vicepremier Salvini di precettare i lavoratori intenzionati a disertare una giornata lavorativa. «Lo sciopero non è una vacanza, ma un diritto», tuonano i sindacati, mentre Gabriele Bianco, della funzione pubblica di Cgil, svela qualche retroscena: «Le precettazioni, che già limitano il diritto di sciopero, devono seguire delle regole. Invece in alcune realtà trentine le precettazioni non sono state fatte ufficialmente, e il divieto di sciopero è arrivato semplicemente con messaggini o voci di corridoio da parte di chi gestisce il servizio». Con il risultato che «alcuni addetti hanno avuto paura di scioperare».
Tra i maggiori settori da ridisegnare c’è quello della sanità, a partire dalle «fasce di lavoratori più povere». Brunella Bertè, addetta alla sanificazione degli ospedali, offre una prospettiva dall’interno: «Siamo quasi tutte donne con uno stipendio di 6 euro netti all’ora, 600 euro mensili al massimo e con un contratto part time obbligato — precisa — Con il covid eravamo considerate tra gli eroi, ma ci hanno dimenticato subito quando è stato il momento di darci il riconoscimento che ci spettava».
Un altro nodo è quello dell’università. Veronica De Sanctis, in rappresentanza del personale tecnico-amministrativo, ha inforcato il microfono: «Il rettore si è lamentato della situazione finanziaria in cui versa l’ateneo, e noi chiediamo all’ateneo di ricordarsi che da tredici anni non abbiamo alcun aumento dello stipendio». Quindi non dovrebbe sorprendere che «per la prima volta negli ultimi tre anni i concorsi siano andati deserti. Lavorare in università non è più attrattivo».
Tra una settimana esatta replicano lo sciopero i lavoratori del privato.

 

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