13 febbraio 2020 – Corriere del Trentino

Scuola. Nel contratto attenzione ai diritti

Il 13 gennaio il presidente Maurizio Fugatti e i segretari generali confederali hanno firmato un protocollo di impegni, in relazione ai rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici. Per la Uil e la Uil Scuola è stato un grande risultato, il passo necessario per poter iniziare, fin da subito, a mettere nero su bianco.
Mentre per due mesi si è continuato a discutere su decimali di punto percentuale (qualche euro al mese), Uil scuola ha lavorato con energia per portare a casa un impegno formale su due punti: l’inserimento dell’organizzazione del lavoro e la tutela delle retribuzioni più basse.
In considerazione dell’entità delle risorse economiche destinate ai rinnovi, poco più di quelle stanziate per il precedente triennio, noi abbiamo puntato proprio sulla necessità di ripristinare l’esigibilità dei diritti: siamo cittadini, non sudditi. All’interno dell’impegno sul 4,1% complessivo, aver fissato il 3% fin dal 1° gennaio 2021 è il risultato delle richieste avanzate per parte Uil. Così come l’aver sottolineato fin dall’incipit del protocollo come l’efficienza della amministrazione pubblica, la qualità della nostra scuola dipendono dalle persone che ci lavorano.
Ribadisco, però, che il vero obiettivo centrato, almeno negli impegni sottoscritti, è il reinserimento dell’organizzazione del lavoro tra le materie da negoziare nei contratti. In buona sostanza: cercheremo di demolire il modello di scuola verticistica caratterizzata dagli ordini di servizio e dall’attenzione alle procedure (a tratti stupidocratiche), per ritornare alla scuola–comunità educante: il posto della partecipazione, del confronto, della collegialità. Della co-costruzione della conoscenza. Prima che di denari, le persone ci hanno avanzato richiesta precisa: ripristino della dignità del lavoro svolto a scuola; ripristino del buonsenso inteso come principio di ragionevolezza.
Il senso buono delle cose. Lo chiedono i tantissimi colleghi precari. Pino Turi, segretario generale nazionale della Uil Scuola, ha ricordato al governo: «La precarietà del lavoro non è la precarietà della persona. Parlare di personale precario come se si trattasse di scolaretti da valutare è offensivo».
Uil Scuola chiede si attivino procedure concorsuali rispettose dei tanti precari che fanno andare avanti la scuola e coerenti con le tipologie di posto/mansione da svolgere. Lo cercano i collaboratori scolastici: senza di loro le scuole non si aprono. La modifica peggiorativa del loro mansionario ha colpito nel profondo, i nostri colleghi. Dobbiamo correggere gli errori: i collaboratori debbono essere e sentirsi a pieno titolo inseriti nella propria comunità scolastica.
Gli amministrativi chiedono di essere liberati dalle scartoffie, spesso inutili e ripetitive: le segreterie debbono essere alleggerite da carichi burocratici di rado indirizzati al successo formativo dei nostri ragazzi, pensati e imposti da scelte tecnocratiche di chi è lontano dal mondo dell’istruzione. E questa stessa ragione, spesso porta a distrarre gli assistenti dal lavoro di supporto ai laboratori scolastici: siano lasciati nelle aule a supporto dell’attività didattica.
Docenti ed educatori attendono sia rimesso al centro il lavoro d’aula: il nuovo contratto di lavoro deve indirizzare il massimo impegno proprio sull’insegnamento e, concretamente, sul successo formativo dei nostri allievi.
I dirigenti si aspettano il rafforzamento dell’autonomia scolastica (l’Incompiuta), quindi il rispetto della specificità del ruolo del dirigente scolastico. Due richieste: sia restituito il diritto alla mobilità, siano posti al riparo dalle molestie burocratiche. Servono risposte e soluzioni. Uil Scuola sollecita l’assessore all’istruzione a onorare gli impegni sottoscritti dal suo presidente: si apra tempestivamente il confronto sui vari temi contrattuali. Un confronto che dovrà essere propedeutico alle direttive da impartire all’Apran.
A tutte le forze politiche, in un Paese perennemente impegnato in campagne elettorali, chiediamo di non utilizzare la scuola come terreno di strumentale scontro partitico. Insomma, è la scuola che si candida a essere protetta e lasciata in pace.

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