17 marzo 2020 – Corriere del Trentino

SULLE BORSE DI STUDIO URGENTE UNA VERIFICA

Sotto le ceneri giacevano tizzoni ardenti. Il nostro intervento sulle borse di studio universitarie — o meglio, sui piani di accumulo — ha stimolato le interessanti e convinte risposte di chi questo strumento lo ha studiato e disegnato (FBK e Professor Schizzerotto) e di chi poi lo ha introdotto (lex assessora all’università, Sara Ferrari), bene. I dati, lo sappiamo bene, si possono leggere e interpretare in modo diverso a seconda del punto di osservazione e dei riferimenti con cui si relazionano, ma sull’esiguità delle famiglie che hanno utilizzato questo strumento credo non ci siano dubbi. Il professor Schizzerotto parla di soli 130 studenti beneficiari al 17 di febbraio di quest’anno, dato reso pubblico dalla Provincia. Si tratta quindi di 130 famiglie aderenti (dal 2017, quando la proposta è stata effettivamente attivata) che, rapportate alle 5.790 matricole dell’Ateneo di Trento — e non sappiamo quanti altri trentini siano distribuiti sulle altre università italiane ed estere — non sembrano rappresentare un dato entusiasmante.
Il piano di accumulo sarà pure, come afferma la consigliera Sara Ferrari, uno strumento frutto di una scelta «lungimirante» e i dati del professor Schizzerotto e del ricercatore FBK Vergolini potranno pure dargli un lustro in termini d’intelligenza ed efficacia, ma per un osservatore semplice concreto — magari un po’ malizioso — come lo scrivente sindacalista diplomato ragioniere, è faticoso riconoscere nei numeri assoluti emersi la realizzazione di un successo. Oltre all’esiguità di chi ha aderito alla proposta, implementata da quasi un quadriennio, riuscendo a goderne per tutto il percorso universitario — considerando anche che è pure legata all’indice Isee — traspare anche la scarsezza dell’importo medio del beneficio. Metà degli studenti interessati riceverà meno di 1000 euro, un incentivo insufficiente ad aiutare i nostri giovanissimi meno abbienti ad affrontare quella spesa, tanto più impegnativa per i fuori sede.
Nel complesso per la Provincia, passata dall’investimento milionario delle borse di studio del bando 5b (Fondo Giovani) e del Prestito d’Onore — di cui noi in Uil abbiamo ancora nostalgia — a una spesa per i piani d’accumulo di poche centinaia di migliaia di euro, si tratta di un bel risparmio. Numeri alla mano, sulla destinazione di risorse così scarse da parte della Provincia alla domanda locale d’istruzione terziaria, sembriamo — pur con posizioni diverse — non avere grandi divergenze con i proponenti di questo strumento. Un’altra considerazione che abbiamo in comune, e mi riferisco in particolare alle affermazioni dei tecnici al riguardo, concerne la completa assenza di qualsiasi attività di monitoraggio della misura del piano d’accumulo e la debolissima (per non dire inconsistente) azione di promozione fra le famiglie, priva di qualsiasi orientamento ponderato dei ragazzi alla scelta di un percorso futuro.
In ultimo, quindi, la doverosa richiesta al «silente» assessore all’istruzione e all’università Mirko Bisesti: mettere velocemente a disposizione dei tecnici e dell’opinione pubblica tutti i dati aggiornati risultanti all’amministrazione dall’attivazione dei piani di accumulo, allo scopo di verificarne l’effettiva efficacia. Un’efficacia sulla quale anche la consigliera Ferrari, nella sua replica al nostro intervento, pare esprimere qualche dubbio quando dichiara che la sua stima di aumento delle immatricolazioni e dei laureati in Trentino manca proprio di quei dati di lettura del fenomeno.
Bisesti si esprima poi sulle eventuali altre opzioni che pensa di attuare per aumentare il tasso di immatricolazione all’università dei giovani trentini, dando senso e corpo a una delega — quella sull’università, oggi unita a quella dell’istruzione — così centrale per il miglioramento del sistema trentino della formazione e dell’innovazione.

* Segretario generale Uil del Trentino

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