Trentino recuperi attrattività per i giovani. Sindacati: l’emigrazione dei ragazzi oltre confine è legata anche a basse retribuzioni e precarietà lavorativa
Dichiarazioni dei segretari provinciali di Cgil Cisl Uil, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti
La crescita del numero di giovani, per lo più qualificati, che lasciano il Trentino è un dato che si presta ad una duplice lettura, positiva e negativa. E’ positivo e giusto che ragazzi e ragazze anche della nostra provincia si proiettino in una dimensione territorialmente più ampia per realizzare le loro aspirazione e questo è segno del fatto che si sentono cittadini europei e possono cogliere oggi opportunità più grandi che nel passato. Preoccupa, però, il fatto che molti di questi giovani scelgono di lasciare il Trentino perché qui non trovano possibilità di realizzazione personale e professionale. Allo stesso tempo non possiamo ignorare il fatto che per tanti che superano i confini provinciali non ce ne siano altrettanti che arrivano nel nostro territorio. Segno che il Trentino da anni sta perdendo attrattività. Una dinamica che comporta un impoverimento del nostro tessuto sociale e anche economico.
Sicuramente alla base di queste scelte c’è anche un mercato del lavoro che non offre ai giovani opportunità di crescita professionale e retributiva adeguata. I giovani nella nostra provincia sono pagati meno che nel resto del nord Italia e dell’estero. C’è un problema di basse retribuzioni che si associa anche alla precarietà occupazionale. In un mercato del lavoro internazionale chi ha competenze spendibili sceglie dunque di andare dove le offerte sono migliori.
E’ anche su questo, come concordato peraltro durante gli Stati generali del Lavoro, che bisogna agire per migliorare la qualità del lavoro giovanile e ridurre la precarietà per portare il Trentino a livello delle regioni europee più avanzate.
Una scelta che chiama in causa il mondo delle imprese, ma anche la Provincia che può agire con la leva degli incentivi selettivi e politiche industriali mirate per invertire questo trend. Non investire sul capitale umano equivale a non investire sul nostro futuro.
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