Corriere del Trentino, Il T – 23 giugno 2023

Vitalizi d’oro, la rabbia dei sindacati «I consiglieri rinuncino agli assegni»

I sindacati trentini, indignati, invocano «un senso della misura» e indicano come «unica strada opportuna la rinuncia agli arretrati». Più morbide le categorie economiche, ma Manzana (Confindustria) ricorda che «l’equità è il principio al quale deve ispirarsi l’azione di chi è chiamato ad amministrare il bene comune».
Oggetto del contendere, il nuovo capitolo dello scandalo dei vitalizi d’oro che nel 2012 travolse la politica regionale. Lo scorso marzo il consiglio regionale aveva introdotto l’adeguamento automatico delle indennità dei consiglieri provinciali di Trento e Bolzano all’inflazione reale, circa 800 euro in più al mese. Mercoledì l’organo legislativo ha approvato, al fotofinish, un emendamento che ha scongiurato un nuovo «affronto» ai contribuenti, ma che si traduce comunque in quelli che Cgil, Cisl e Uil definiscono «assegni stratosferici» per otto consiglieri ed ex consiglieri provinciali trentini e altoatesini che incasseranno, al sessantesimo anno d’età, una buonuscita anche superiore a 2 milioni, oltre a un vitalizio mensile di circa 5.000 euro.
Tutti i politici interessati sedevano in consiglio già prima della modifica della legge 14 del 2012 sui vitalizi, riformata nel 2014 con un intervento «tampone». Tre di loro compiranno i sessant’anni quest’anno e, complessivamente, attendono dall’ente pubblico un maxi assegno da 5 milioni di euro. Una cifra stellare che avrebbe superato anche gli 8 milioni se Lega e Svp non fossero corse ai ripari per modificare i criteri di attuazione. Il risultato? Un risparmio di oltre 3 milioni di euro.
Resta il fatto che i prossimi tre beneficiari del «Tfr dei consiglieri regionali» porteranno a casa una cifra che, seppur «ridotta», qualsiasi altro contribuente non potrebbe maturare in una vita di lavoro. Mauro Minniti, entrato nel 1994 in consiglio provinciale a Bolzano come capogruppo di An, dopo 19 anni di consiliature dovrebbe ricevere oltre 2 milioni di euro come la collega Sabina Kasslatter Mur, dal 1993 al 2013 rappresentante dell’ala sociale della Svp. Alla trentina Marta Dalmaso, consigliera dal 1995 e assessora nella giunta Dellai dal 2003 al 2013, spetterebbero poco più di 1,2 milioni di euro.
L’iter lampo, passato mercoledì in zona Cesarini, ha palesato la spinosità del dilemma etico e politico: da un lato un diritto sancito per legge e regolarmente maturato, dall’altro un’opinione pubblica sempre più agguerrita e messa in ginocchio da pandemie, crisi energetiche e inflazione alle stelle. In aula la legge è stata approvata con 25 sì, 7 astenuti e 18 non partecipanti al voto (gli esponenti del centrosinistra, che aveva varato la legge nel 2012).
Uno scandalo, per i segretari trentini di Cgil, Cisl e Uil. Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti in una nota congiunta parlano di «cifre fuori dalla realtà che offendono profondamente tutti i lavoratori e i pensionati. Nel rispetto di tutti i cittadini è opportuno che questi consiglieri rinuncino o restituiscano alle casse pubbliche gli assegni stratosferici, anche perché maturano un vitalizio di circa 5mila euro al mese: somma più che sufficiente a ricompensarli per l’impegno speso per la collettività. Il senso di misura ed equità in questo caso è stato chiaramente superato».
Più diplomatica la posizione di Fausto Manzana, presidente della Confindustria trentina: «L’equità è il principio a cui deve ispirarsi l’azione di chi è chiamato ad amministrare il bene comune, ferma restando la certezza del diritto — spiega —. Se un provvedimento appare iniquo va aggiustato, corretto, modificato e sostituito, nei limiti della costituzionalità. Attualizzare i vitalizi convertendoli nel versamento di un assegno pieno fu un errore e determinò una modalità di gestione della cassa per nulla coerente con l’amministrazione a breve termine dei bilanci provinciali».
L’auspicio? «Che i nostri decisori sappiano adottare soluzioni efficaci e strumenti chiari, capaci di allineare i loro compensi alla capacità di reddito media della popolazione».
Un invito a cui i diretti interessati non sembrano prestare ascolto. «Il vitalizio non è un privilegio ma una pensione complementare — commenta, all’indomani della decisione, l’ex consigliere Mauro Minniti —. Di cifre non ne so assolutamente nulla, c’è stato un valzer di decisioni e sono rimasto indietro, dicendo solo: quando sarà, datemi quello che mi spetta. Colleghi che hanno la mia stessa posizione, con quattro legislature alle spalle, prendono al netto 3.400 euro. Io tra due mesi compio sessant’anni: mi rimetto alle decisioni del consiglio, come si è sempre fatto. Ci sono delle normative e ci sono state delle sentenze. Non so nemmeno di che cifre si stia parlando, oltre a quello che hanno scritto. Ma, se è per quello, prima ne avevano scritte di molto più alte».
Intanto, negli scorsi anni, si è assistito alla sparuta «processione» di consiglieri che, spontaneamente o «spintaneamente», hanno restituito in parte i maxi-assegni ricevuti a fine carriera. Questioni spesso sfociate in contenziosi mai risolti. Nel 2023, comunica l’ufficio stampa della Regione, si prevede saranno restituiti 1,3 milioni di euro. Nel 2022 erano stati resi 2,9 milioni e nel 2021 1,5 milioni. Le cifre versate alle due Province e destinate al fondo per il sostegno della famiglia e dell’occupazione, dall’istituzione del fondo ammontano complessivamente a 35,2 milioni.

 

Scarica il pdf: CORRIERE. IL T vitalizi ART 230623