Il T – 26 ottobre 2023
Walter Largher. «Politica e lavoro sono distanti Burli? Mi ha penalizzato»
A due giorni dallo spoglio delle elezioni provinciali Walter Largher ha recuperato il sorriso che lo contraddistingue e risponde sereno alle domande. Dentro però cova ancora la delusione per il risultato generale, del Partito Democratico e della coalizione, e quello personale, 1889 preferenze, ne servivano 59 in più per entrare in consiglio. Guardando al futuro non è preoccupato per sè «Qualcosa troverò, nel sindacato o altrove», ma per la politica invece sì: «Dobbiamo coinvolgere i giovani e l’unico modo per farlo è dare loro spazio e responsabilità».
Largher a mente fredda come giudica il risultato? «Deludente, come Pd mi aspettavo facessimo meglio. In questi mesi io ho girato tanto nelle fabbriche e nei luoghi di
lavoro e la percezione era diversa rispetto al dato finale. È stata sicuramente una sorpresa in negativo, non si può dire che sia un buon risultato, mi aspettavo fossimo sul 20%, ma è andata così».
E del suo risultato personale?
«Sono contento, perché immaginavo che me la sarei giocata testa a testa con quelli che potevano entrare e così è stato. Mi dispiace che sui voti totali del partito pochi recassero le preferenze. Per esempio a Lavis (il suo paese, ndr) su 945 voti totali ne ho presi la metà, bastava poco di più. Poi pesa molto il fatto di essere conosciuti, le reti di supporto, però ecco con 100 voti in più oggi staremmo facendo un discorso diverso. Sono comunque contento del risultato, i voti presi confermano che la mia decisione di lasciare la Uiltucs non era sbagliata, che avevo letto bene il supporto e la stima di chi mi conosceva. Poi certo rimane l’amarezza di essere rimasto fuori per pochi voti».
Su questo ha pesato anche la candidatura, sempre di area sindacale, dell’ex segretario Cgil Paolo Burli?
«Certo, sapevo che c’era questo rischio e alla fine si è concretizzato. Non ne faccio una questione personale eh, ma politica. Quando si fanno le liste si tiene conto dei territori e degli ambiti. Quando mi sono candidato l’ho fatto con la convinzione di essere l’unica espressione del mondo sindacale, ho lasciato i miei incarichi alla Uiltucs. Quando poi è comparsa la sua candidatura, io ho avvisato del rischio che ci estromettessimo a vicenda. L’ho detto anche a Paolo che la mia candidatura era più forte, come si è dimostrata, ma che rischiavamo di farci male a
vicenda. È un peccato penso che nel sindacato bisognerebbe pensare al bene comune, prima che a quello personale. Lo dico avendo fatto spesso un passo di lato. L’obiettivo dovrebbe essere quello di mettere le persone giuste nel posto giusto. Vorrei che questa fosse una lezione da imparare, una regola etica da assumersi. Perché ora il risultato è di aver lasciato il mondo del lavoro fuori dal consiglio perché si sono messi in mezzo personalismi e ambizioni personali».
Ora tra i banchi dell’opposizione manca rappresentanza al lavoro?
«Io mi sono candidato con lo slogan “Valore al lavoro” e il senso di questa candidatura era proprio riportare dentro al Pd questa dimensione. È un peccato che questo mancherà all’opposizione, anche perché negli anni, grazie al lavoro fatto anche nei fondi sanitari, avevo costruito un buon rapporto bi-partisan con lavoratori e imprese. Detto questo ho massima stima dei colleghi eletti e sono sicuro che faranno bene e presidieranno anche quel mondo».
Al netto delle due candidature, il fatto che i sindacati, che hanno migliaia di iscritti, non siano riusciti a portarla in consiglio cosa ci dice?
«I lavoratori si iscrivono al sindacato per tutelare i propri diritti del lavoro e poi giustamente possono avere idee politiche differenti. È evidente però che la cinghia di trasmissione tra sindacato e alcuni partiti, che c’era anni fa, oggi è scomparsa e di questo dobbiamo prendere atto, detto che se sommiamo le preferenze mie e di Burli si superano le 2.200. Ma se questa cosa si è rotta va trovato un altro modo di valorizzare il mondo del lavoro nella politica e dobbiamo iniziare a lavorarci ora, altrimenti tra 5 anni siamo nello stesso punto. Faccio un esempio».
Prego.
«Anche nel sindacato, come in politica, abbiamo un problema di iscrizione e partecipazione giovanile. Per risolverlo in Uiltucs abbiamo realizzato un progetto che li coinvolgeva direttamente. Non posso essere io a farmi portavoce per loro. Dobbiamo dare loro spazio, dargli le chiavi della macchina, perché non si accontentano di fare i passeggeri. Sennò è ovvio che non si presentano a votare. Lunedì nella sede del partito mi ha riempito il cuore vedere i giovani del Pd seguire lo spoglio tutto il giorno. Salutandoli gli ho detto: “Voi non dovete chiedere permesso in punta di piedi. Dovete pretendere potere e spazio decisionale”. Solo così ripartiamo».
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